Sapelli: "No a legge su rappresentanza sindacale e salario minimo"
Roma, 11 set. (Labitalia) - Salario minimo orario, legge sulla rappresentanza, reddito di cittadinanza, non convincono il professor Giulio Sapelli, economista e storico. "Il salario minimo orario stabilito per legge? Non ha senso, sono le parti sociali che devono decidere, con la contrattazione e i contratti. E laddove la contrattazione non c'è, il sindacato si deve dar da fare per arrivarci e, comunque, devono essere gli stessi lavoratori a trattare con la controparte datoriale", dice Sapelli ad Adnkronos/Labitalia, soffermandosi su uno dei punti che, rimasto in sospeso nella precedente legislatura, potrebbe essere uno dei primi ad essere affrontato dal nuovo esecutivo: la definizione di un salario minimo orario per legge. Sapelli non ha dubbi: "Le regolamentazioni sindacali devono essere affidate alle parti sociali -afferma con decisione- perché una legge che fissa una cifra è una grave offesa al lavoro organizzato. Bisogna invece tornare a un ordinamento intersindacale". "Occorre ridare anche -dice Sapelli- in questa materia la parola alle parti sociali, cosa che, tra l'altro, farebbe molto bene anche al pluralismo. Perché non bisogna mai dimenticare che la democrazia può anche non essere pluralista", avverte. E sul reddito di cittadinanza non lesina critiche: "I Cinque Stelle non hanno mai capito la differenza tra le politiche per il lavoro e le politiche contro la povertà. Ecco perché il reddito di cittadinanza non funziona: perché mancano le politiche per il lavoro". "Per avere delle efficaci politiche per il lavoro, ci vuole - spiega il professore- qualcosa che assomigli al modello tedesco: 100.000 funzionari esperti che si occupano solo di quello, nei centri per l'impiego. Da noi non esiste più neanche la pubblica amministrazione, distrutta dalla riforma Madia, figuriamoci i centri per l'impiego". "Come si può pensare che le politiche del lavoro le possano fare dei ragazzi inesperti, i navigator, e per di più assunti per soli due anni?", sottolinea Sapelli che sottolinea: "E poi, se vogliamo fare riforme serie, non le possiamo fare a costo zero. Le riforme vere costano". "Sono contrario a una legge sulla rappresentanza sindacale. Io mi sono sempre identificato nella posizione della Cisl, storicamente contraria, anche se, ultimamente, questa posizione si è molto ammorbidita" aggiunge poi Sapelli, a proposito di una legge sulla rappresentanza sindacale, obiettivo esplicitato al punto 4 del programma del nuovo governo giallo-rosso. "Ci siamo fatti questa indebita idea che lo Stato debba organizzare la rappresentanza sindacale. Invece, lo Stato deve favorirla", precisa Sapelli che aggiunge: "La questione se si debba fare una legge o no ha parecchi anni e deriva anche dall'art. 39 della Costituzione, che rispecchia lo spirito corporativo dell'epoca in cui fu scritto". Ma "l'art.39 non è mai stato attuato, è incompiuto -spiega Sapelli- e lasciamolo così che è meglio, lasciando spazio a istanze pluraliste", conclude.