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Vittorio Feltri: "La riforma svuota carceri è come il ministro Orlando, piace a comunisti e piccoli delinquenti"

Giulio Bucchi
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La riforma penitenziaria del ministro Orlando assomiglia a lui. Piace solo ai comunisti. Forse anche a qualcuno che vive di microcriminalità. Ma occorre ammettere che al di là delle critiche mosse alla normativa, non si poteva fare a meno di correggere il vecchio regolamento. In effetti le carceri italiane sono inadeguate: sovraffollate oltre ogni limite logico, strutturate male, antiquate. Coloro che finiscono dentro, compresi quelli in attesa di giudizio, sono ammonticchiati quali sardine in scatola. Spesso il trattamento che subiscono sfiora la tortura. È pur vero che esistono stabilimenti di pena modello, ad esempio Bollate e Bergamo, però siamo di fronte a encomiabili eccezioni. Da notare che la giustizia conosce soltanto il metodo della detenzione, eppure non è in grado di amministrare le prigioni che costituiscono una vergogna nazionale. Pertanto diventa indispensabile adottare criteri premiali per costringere i reclusi a comportarsi in modo tale da ottenere i benefici della buona condotta. Altrimenti scoppierebbero rivolte sanguinose, come accadde negli anni Settanta e Ottanta, allorché non passava giorno senza che gli "ospiti" menassero le mani, salissero sui tetti per protestare, rendendo impossibile ai secondini mantenere l' ordine e garantire l' incolumità propria e altrui. Dal momento in cui entrò in vigore la legge Gozzini, che prevedeva sconti di pena a chi agiva correttamente dietro le sbarre, d' incanto cessarono le ribellioni. Anni dopo, tante norme furono perfezionate grazie a Saraceni e Simeone, e le prigioni, pur continuando ad essere luoghi orrendi, hanno offerto un clima di relativa calma. Ora che la popolazione carceraria è aumentata a causa dell' immigrazione che delinque assai, si è reso necessario un ulteriore ritocco delle disposizioni premiali. L' intervento del legislatore è destinato all' impopolarità, poiché la gente ha sposato la filosofia grossolana secondo la quale, se uno commette un reato va chiuso in cella e bisogna buttare in mare la chiave. Non è facile convincerla che il problema è più complesso e, comunque, riguarda esseri umani, i quali indubbiamente devono pagare il conto dei loro errori, ma senza essere angariati, tormentati, privati della dignità. Orlando quindi non merita il Nobel per questo suo "capolavoro" capace di sfoltire le galere, in quanto chi è stato condannato a meno di quattro anni non andrà più al fresco e salderà il suo debito diversamente, tuttavia gli diamo atto che non aveva altre opportunità per risolvere, sia pure parzialmente, la delicata questione. Non dimentichiamo: se vogliamo una organizzazione civile dei penitenziari, dobbiamo costruirne di idonei, altrimenti si renderà sempre necessario turare le falle del sistema con delle toppe, talvolta peggiori dei buchi. di Vittorio Feltri

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