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Filippo Facci controcorrente: Perché chiudere gli stadi è sbagliato, così fanno vincere i razzisti

Giulio Bucchi
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Colpirne cento per educarne uno: che applicato allo stadio Meazza significa colpirne 64mila (tanti erano presenti a Inter-Napoli) per educarne probabilmente poche centinaia, ossia i tifosi che durante la partita hanno gridato «booo!» all' indirizzo del difensore del Napoli Kalidou Koulibaly, 27enne franco-senegalese col colore della pelle di un senegalese. Questa è la morale di una giustizia sportiva fatta di troppe leggi, organismi, codici, giudici, regolamenti e varie entità specializzate nel passarsi di mano il cerino acceso (dopo che l' incendio è scoppiato) oppure schiacciarlo sotto il tacco per altri casi passati sotto silenzio. Per chi si fosse messo in onda in questo momento: mercoledì sera la partita Inter-Napoli volgeva al termine a reti inviolate (si dice così) quando Koulibaly è stato espulso dopo un applauso sarcastico che pareva rivolto all' arbitro. Invece no - sosterrà Koulibaly - perché l' applauso era rivolto ai tifosi, almeno quelli che l' avevano bersagliato con ululati razzisti per tutta la partita. Parentesi: non sapremmo distinguere un ululato razzista da uno non razzista, ma Koulibaly è nero, e anche in altre partite gli ululati contro di lui si erano sprecati. Dieci minuti dopo, comunque, l' Inter ha segnato (al 91°) e quindi ha vinto la partita, questo dopo che anche l' attaccante napoletano Lorenzo Insigne si era fatto espellere per un falletto che trent' anni fa avrebbero annoverato come una carezza. Altre cose da dire: l' allenatore Carlo Ancelotti ha sostenuto pure lui che Koulibaly avesse applaudito ai tifosi e non all' arbitro, e il fatto che Ancelotti alleni il Napoli è da considerarsi incidentale. Lo stesso allenatore ha detto che per ben tre volte aveva cercato di far sospendere la partita, anche se il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina, il giorno dopo, gli ha fatto sapere che l' unico soggetto che avrebbe potuto sospenderla è il responsabile della sicurezza, non certo l' arbitro. Altre cose? Ci sarebbero da riportare tremila altri commenti inutili (stiamo parlando di calcio) ma basta così, teniamo solo quello del sindaco di Milano Giuseppe Sala che su Facebook ha scritto che allo stadio; la prossima volta, «ai primi buu, mi alzerò e me ne andrò». Finito il riassunto? Per niente: anzitutto perché vogliamo anticipare un' opinione persino nostra, e cioè che, se l' Inter non avesse segnato e vinto, questa polemica sul razzismo sarebbe rimasta sottotraccia. Lo dimostra la recente Atalanta-Napoli, dove un numero imprecisato di tifosi bergamaschi si era scatenata con altri «booo!» contro Koulibaly e la decisione del giudice sportivo era stata ben altra: chiusura per un turno della curva Nord dell' Atalanta, ma sospensione della sanzione per un anno a meno che l' episodio si ripeta. Forse hanno pensato che tra un ululato e un normale eloquio bergamasco non ci sia tutta questa differenza. A CHE SERVE? Ma eccoci a Milano, dove la lente d' ingrandimento dei media ha ben altro diametro. Ecco cioè le celerrime decisioni del giudice sportivo: due giornate di squalifica per Koulibaly (di cui ci fregherebbe poco, a parte che i giudici non hanno creduto che avesse applaudito ai tifosi) ma soprattutto la batosta esemplare: l' Inter dovrà giocare due gare «prive di spettatori» (in gergo: a porte chiuse) e anche una successiva partita «con il settore secondo anello verde privo di spettatori». Questo naturalmente per i «booo! » razzisti verso Koulibaly. Fine del riassunto, che però fa già capire molte cose. In attesa di capirne altre, apprendiamo che i più svariati soggetti, in queste ore, «convocheranno i capi delle tifoserie»: non c' è responsabile calcistico o istituzionale che non l' abbia detto. Da qui la prima domanda: a che serve? Noi lo sappiamo, ma chiediamo ugualmente: a che serve, da anni, da decenni, convocare i capi di tifoserie che non faranno mai i nomi di nessun colpevole e che definiscono «infami» chi invece parla? Noi lo sappiamo, a che serve: a un cazzo, e perdonate se usiamo il loro stesso gergo. Alla seconda domanda, retorica, abbiamo già risposto: le sanzioni sarebbero state così severe - ci chiediamo - se non fosse montata la rabbia dei napoletani sconfitti (sempre vittime di complotti nordici) e soprattutto se fuori dallo stadio non fossero successe cose gravi per davvero, e che hanno causato un morto? Terza domanda: com' è che, nello sport, non vale il principio costituzionale e penale della responsabilità personale? Perché si deve darla vinta a pochi tifosi tarati mentali anziché puntare ai singoli responsabili? È così difficile? Poco tempo fa, dopo il big match inglese tra Arsenal e Tottenham, hanno arrestato due tifosi che avevano acceso due fumogeni e poi anche un altro che aveva tirato in campo una temibile banana. Perché da quelle parti beccano i singoli responsabili e da noi ne colpiscono 64mila? Da anni abbiamo quantità incredibili di telecamere avveniristiche che coprono ogni centimetro degli stadi, abbiamo definizione di visione che mostra anche i peli del sedere di Ronaldo: possibile che non si riescano a individuare 100 o 200 o anche 300 coglioni che semplicemente hanno la bocca la aperta mentre perpetravano il più grave dei delitti, che è urlare «booo!» in uno stadio? di Filippo Facci

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