Filippo Facci e i deliri comici di Roberto Saviano: la tragica parabola di mister Gomorra
Una persona normale, intesa come sana di mente, può anche stufarsi di passare a vita per quello di «Gomorra», ergo può cercare di reinventarsi come antagonista di Matteo Salvini, ripeto: può farlo, magari anche con passione e sincerità, tanti auguri a lui. Roberto Saviano l' ha fatto, e che questo faccia parte del paesaggio (da tempo) non dovrebbe tuttavia impedire a noi o a Repubblica di, come dire, monitorare i limiti e i contenuti di questa dedizione, diciamo così. Perché - non mettiamoci due ore a dirlo - l' impressione che Saviano stia andando fuori di cotenna c' è concretamente, e ve lo scrive chi, da principio, non ebbe problemi a dichiararsi ammiratore di Saviano che giudicava un grave errore regalarlo culturalmente alla sinistra. Parliamo di quasi dieci anni fa, quando lo scrittore (che scrittore rimane) non si era ancora intruppato in certo gregge conformista e pareva tenere a una formazione culturale ecumenica: non a caso lo si paragonava a Salamov e lui stesso indicava, come riferimento morale, quei «Racconti di Kolyma» che restano la più sconvolgente opera di denuncia della bestialità del Gulag assieme all'«Arcipelago» di Solzenicyn. Leggi anche: Saviano, la foto di Salvini col mitra è la prova della dittatura: "Dovrete ucciderci per farci tacere" Lo stesso Saviano sembrava equilibrato, anche troppo: riconobbe i successi del governo Berlusconi nella lotta alla camorra ed elogiò più volte il ministro Roberto Maroni, un leghista giudicato «uno dei migliori ministri degli Interni di sempre». Nessun altro, a sinistra, disse cose paragonabili: anche per questo era guardato con sospetto anche da una sinistra che non era riuscita ad arruolarlo in nessun circo politico o mediatico. Anche perché diceva, Saviano, che «il centrosinistra ha responsabilità enormi nella collusione con le organizzazioni criminali. Le due regioni con più comuni sciolti per mafia sono Campania e Calabria. E chi le ha amministrate negli ultimi 12 anni?». Saviano in quel periodo aveva 31 anni e viveva da fuggiasco, superblindato, prigioniero, senza una vita privata. Qualche volta diceva: non lo rifarei. L' INCONTRO CON FAZIO Poi in un paio d' ore gettò tutto alle ortiche, o cominciò a farlo partecipando a Vieni via con me assieme a Fabio Fazio. Non tanto perché associò la Lega alla 'ndrangheta in uno dei suoi monologhi, ma per il linguaggio con cui lo fece: cioè quello televisivo, che non padroneggiava e di cui mostrò di non conoscere l' utenza. Per milioni di persone, schiave del cretinismo bipolare, corrispose a un disvelamento, un inciampo rivelatore che aveva creato un clamoroso precedente così da poter incasellare Saviano definitivamente «a sinistra». Capitolo chiuso, catalogato: Saviano è uno di quelli lì, è smascherato, è un sinistro, magari lo vedremo a qualche Vaffa-day con Beppe Grillo e compagnia sghignazzante, magari lo candiderà il Pd, queste cose. Questo da una parte. Dall' altra, in parte della sinistra (immaginaria) lui continuava a insospettire: Beppe Grillo diceva che Saviano «non fa nomi e il suo spettacolo lo produce Endemol», ergo «Berlusconi gode come un riccio»; il vignettista Vauro, da Santoro, si divertiva contro gli «interminabili monologhi di Saviano» e citava una sua «Logomorrea». Marco Travaglio non gli risparmiava stizzite pagelline settimanali e soprattutto il rimprovero di non affondare i denti sui temi che contavano. Erano anche gelosie tra primedonne dell' anti-berlusconismo, certo. La cooptazione completa richiedeva ancora tempo, quindi saltiamo molti passaggi ed arriviamo a Saviano che lascia Mondadori e che abbraccia Repubblica-Espresso, dapprima timidamente. CAMBIO MESTIERE Saviano continuava a vivere da fuggiasco, superblindato, prigioniero, senza una vita privata e con qualche dubbio sulle giustificazioni a una scorta da presidente della Repubblica. Poi? Poi Saviano cominciò a fare un mestiere che non si capisce bene qual è: rimaneva quello di Gomorra, ma un pezzetto d' Italia e lui medesimo decisero di traformarlo in un' autorità morale che distribuiva pagelline su candidati ed eletti, sentenziava sui giornali e in tv, decideva chi è presentabile e chi no. Sino all' ossessione Salvini. Ossessione, sì, come altro definirla? Pur ammettendo per primo che «più Salvini subisce opposizione più riceve carburante», decide di contribuire. Tra i consapevoli di questo ci sono lo stesso Salvini e il suo amico Luca Merisi. Salvini chiude i porti alle Ong e dirotta l' Aquarius verso Valencia: insulti. Salvini «inumano», «incapace», «ministro della crudeltà». Saviano giunge a invocare la censura sui giornali, anzi una «forma disperata di opposizione all' orrore»: «Propongo di accettare una forma di obiezione di coscienza, non dando notizia e non commentando le affermazioni più gravi di Matteo Salvini, quelle contrarie ai principi della nostra Carta costituzionale». Non ebbe molto successo. Allora Salvini, in crescendo, diverrà «un baro», uno che indossa la divisa delle forze dell' ordine come «gesto autoritario» e «pericolosissimo per la democrazia». Ma non facciamo l' elenco degli insulti: limitiamoci ad arrivare - c' è arrivato Saviano - a «ministro della malavita» e «buffone». Tutto così, sino - l' altro ieri - alle foto col mitra in mano della festa della polizia, ossia «una grave minaccia alla nostra Democrazia» ma anche «istigazione a delinquere, reato procedibile d' ufficio. Ognuno di noi può denunciare questo atto. Vi invito a farlo». Chissà se lui l' ha fatto. L' ULTIMO ARTICOLO Poi c' è articolo su Repubblica di ieri: andrebbe riproposto per intero. Saviano traduce l' immagine del mitra col fatto che «i seguaci del Capitano sono armati», che «ogni arma sarà lecita», che Salvini «minaccia magistratura e oppositori di ritorsioni armate, quindi di morte», che «tra la Lega di potere e Matteo Messina Denaro ci sono solo tre gradi di separazione», che «Berlusconi pagava i giudici e gli avversari», ma Salvini «ha dalla sua l' inquietante frangetta di Luca Morisi, un Finkelstein in sedicesimi completamente a suo agio sui social. E ha Facebook, che è un Potere globale». L' inquietante domanda: «Perché Facebook non ha censurato la foto di Salvini?... Quali sono i reali rapporti tra l' apparato comunicativo di Salvini e Facebook?». Ancora: «L' impressione è che Facebook abbia scelto per Facebook non può essere denunciato l' orrore genocida delle politiche di accoglienza europee Luca Morisi ha condotto un esperimento per comprendere fino a che punto spingere la comunicazione di Salvini nella prospettiva di un futuro superamento della Costituzione repubblicana Chissà quanto durerà ancora, la Costituzione». Tuttavia, sinché c' è Saviano e chi come lui, «denunceremo i vostri intenti criminali. Dovrete ucciderci per farci tacere». Nota dello scrivente: ieri Facebook, quello che non ha censurato Luca Merisi, ha censurato e sospeso me per una settimana. Facebook ha giudicato «fuori standard» una foto, da me postata, in cui si vedeva Greta Thumberg affianco a un titolo che annunciava il suo incontro con Papa Francesco, più un mio commento: «Dove sono i meteoriti quando hai bisogno di loro?». È segno che Saviano ha ragione: Facebook ha scelto, e ha scelto Salvini. Lo ha fatto a discapito di Saviano e me, due evidenti paranoici. di Filippo Facci