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Vittorio Feltri: la scienza sa tutto ma non trova l'anima e fallisce

Cristina Agostini
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Un amico medico, non uno stregone, mi ha proposto un libro uscito undici anni fa: Una scienza senz' anima, autore Giuseppe Sermonti, Lindau, p 135, 14,50. Leggilo, mi ha detto: ti stupirà, è pure breve. Nel titolo si combattono un paio di parole che nella mia mente, ma - sono certo - anche in quella di gran parte dei lettori, si negano a vicenda. Scienza e anima? Il mio riflesso istantaneo è stato di ovvia ripulsa: logico che la scienza non abbia un' anima, se ce l' avesse non sarebbe scienza, perché dovrebbe ammettere l' esistenza di qualcosa che non può misurare, e se non è misurabile non esiste. A sua volta: semmai l' anima esista, si accontenti di stare al posto suo, senza invadere i terreni aridi degli esperimenti che non sopportano quesiti esistenziali. Due campi diversi. Ciascuno dei due elementi non invada il recinto altrui. Che poi ci siano scienziati che credano nell' anima immortale, e preti che siano astronomi, pazienza: affari privati. La mescolanza di essenze agli antipodi aumenterebbe la confusione. Non esito ad affermare che questo volume ha sconvolto il luogo comune in cui ero immerso. Devo per prima cosa ragguagliarvi sulla figura dell' autore. Giuseppe Sermonti è scomparso pochi mesi fa, a novant' anni suonati. È stato uno dei più insigni biologi italiani, ha fondato - per citare uno dei suoi meriti - la «genetica dei microrganismi produttori di antibiotici». Ad un certo momento della sua vita, dopo trent' anni di ricerche e successi, con una carriera favolosa, ha fatto una scoperta, la vera scoperta. Che la ragione non può essere misura della realtà, come pretende di essere secondo il credo scientista. Essa, la realtà, sfugge. Conserva un punto profondo che non si può imbottigliare con una legge. La scienza non è così stupida. Quella che oggi invece si autodefinisce scienza, con le sue gerarchie di scienziati, è un tradimento della vera scienza. È un processo innescato nell' età moderna e oggi al diapason, per la presunzione susseguente alle avventure conoscitive nel campo del Dna (semplifico da ignorante). Essa insomma ha rinnegato la sua anima. UOMO RIDICOLIZZATO - Con l' adesione universale all' evoluzionismo, la scienza ha ridicolizzato l' uomo comune e la sua percezione delle cose. L' albero, la montagna, i capelli non sono quello che gli occhi ci dicono e la tradizione conferma. Questi conglomerati di molecole sono semplici passaggi casuali nel corso dell' evoluzione. La capacità di conoscenza autentica è prerogativa di chi sa le leggi dello sviluppo. La conseguenza è che la scienza nella presunzione di impadronirsene, ci allontana dalla realtà, e pretende di sostituire alle cose quotidiane, al tramonto, alla luna, alle rondini, una rappresentazione senza mistero. Poi di sera ci rifilano trasmissioni sui buchi neri, che sarebbero la realtà vera, rispetto al nostro banale micro-mondo. Una menzogna, perché secondo Sermonti conosce di più la vecchina con i suoi riti antichi e contadini, e la sua nostalgia per una origine misteriosa ma pacificante. Vero o no? I quesiti in me restano aperti. Certo le tesi del professore eretico impressionano per la forza argomentativa e la passione con cui denuncia il dominio post-moderno di questa religione totalitaria degli algoritmi, che ci ha privato del gusto della scoperta, riducendo qualsiasi ente alle sue componenti chimico-fisiche, a una somma di geni, una catena di eventi casuali, studiati secondo un metodo che ha rinnegato la bellezza. Ho detto eretico. Sbaglio. È la cupola degli scienziati ad aver scelto l' apostasia dalla vera «scienza con l' anima». Da quando maturò questa certezza, Sermonti, con una penna folgorante, si batte per recuperare la scienza alla sua vera natura, che non ha per compito l' efficienza, ma lo stupore dinanzi ai segreti che disvela, senza pretesa di impossessarsene. AUTENTICHE SORPRESE - Il libro è insieme polemico e molto dolce. A me ha riservato delle autentiche sorprese. Ad esempio la dimostrazione empirica (e se sbaglio qualcuno mi corregga) che la tecnologia viene prima della scienza. La tecnica è l' arte senza troppe teorizzazioni con cui si risponde a dei problemi pratici. Dalla meccanica alla medicina è andata così. Riferendosi a quest' ultima, scrive Sermonti «che quei reali sollievi che la Medicina ha portato alla sofferenza umana non hanno avuto di regola nulla a che fare con il Progresso della scienza». Non sono merito di leggi nuove poi applicate alle malattie da curare. Infatti, assicura l' autore, «le grandi scoperte della Medicina sono, per maggior parte, di origine umilissima. Per lo più siamo tributari dell' empirismo e malvolentieri ci si rassegna ad ammetterlo». Viceversa la scienza, ed in particolare oggi soprattutto la medicina (con annesse biologia, farmacologia ecc), si è trasformata in una religione totalitaria, dotata di «colossale organizzazione», con i suoi vescovi e cardinali (non stiamo parlando qui di grandi medici) a cui tutti ci inchiniamo, e che ci impongono il dogma nella fiducia assoluta nel Progresso, i cui ingredienti sono conosciuti e conoscibili solo dalla casta che si accredita come l' unica sapiente e in fondo degna di essere considerata umana. In alcune pagine, molto amare, Sermonti si mostra consapevole di essere parte di una minoranza, la cui voce è tacitata. Non so se abbia in tutto o solo in parte ragione. Confesso: mi è simpatico anche perché si è messo a polemizzare contro premi Nobel, ai quali la scoperta di una sottospecie di moscerino ha fatto credere di essere Mosè con le tavole della (nuova) legge. So di certo che il suo invito a guardare la sera il firmamento, a osservare i movimenti del gatto per quello che sono, a percepire come gratuito, somigliante agli «archetipi» primordiali e non prodotto della chimica, l' affetto che mi porta mia moglie o un amico, mi ha fatto respirare con calma. di Vittorio Feltri

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