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Vittorio Feltri e l'evasione fiscale: "Pubblicare i nomi dei furbetti è controllo sociale"

Giulio Bucchi
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Mercoledì il nostro ottimo Giuliano Zulin ha scritto un fondo sull' evasione fiscale nel quale ha posto in evidenza le manchevolezze dello Stato, svelto nel pretendere dai cittadini le tasse e lentissimo nel pagare i creditori, al punto che migliaia di persone aspettano di riscuotere il dovuto dalla pubblica amministrazione, però obbligate a sborsare le imposte in tempi stretti. Già questa ingiustizia basterebbe a capire il motivo per cui il fisco è disprezzato e per nulla accontentato nelle sue richieste folli e inique. Ma il punto è un altro. Versare le imposte è un atto obbligatorio e bisogna farlo alla luce del sole. I contribuenti sono costretti tutti a stilare la denuncia dei redditi ogni anno, e non si capisce perché le loro dichiarazioni debbano rimanere segrete in quanto protette dalla privacy. Un tempo non troppo lontano ciò che ciascuno di noi introitava col proprio lavoro o con le proprie rendite veniva stampato dai giornali, nazionali o provinciali fossero. La gente leggeva avidamente le cifre e si rendeva conto se qualcuno avesse ciurlato nel manico. C' era un controllo sociale rigoroso sulla fedeltà delle somme incassate dal vicino di casa. Se io scrivevo sulla "Vanoni" di aver percepito cento milioni e il mio tenore di vita era superiore a tale importo, scattavano le verifiche e i furbetti erano incastrati. Attualmente il contribuente imbroglione la fa franca perché nessuno sa nulla giacché i redditi di ciascuno di noi non possono essere divulgati dalla stampa. In mezza Europa invece si continua a renderli noti cosicché gli esattori sono all' altezza di capire chi froda. Seguitiamo a dire che bisogna fare la lotta all' evasione, ciononostante non ci dotiamo degli strumenti idonei a scovare coloro che evadono.  di Vittorio Feltri

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