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Zanicchi va in carcere da Dell'Utri: "Gli negano libri e ventagli"

Nicoletta Orlandi Posti
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«Sono andata in carcere, a Parma, a trovare Marcello Dell'Utri. L'ho fatto perché lo stimo, l'ho incontrato tanti anni fa, quando lavoravo per Mediaset, ed è sempre stato corretto e gentilissimo. Sono andata come amica, anche se non ci frequentiamo». Iva Zanicchi sfodera la tempra emiliana e racconta i dettagli del suo incontro con l'ex senatore azzurro, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. La dimostrazione d'affetto di un'amica, appunto, arrivata in un momento molto particolare. Proprio in concomitanza con la pagina di solidarietà uscita sul Corriere della Sera, in cui conoscenti ed ex collaboratori di Dell'Utri lo incitavano a non mollare. Una pagina a pagamento, che ha fatto gridare d'indignazione il cdr del giornalone di via Solferino e alcuni parlamentari del Pd. «È stata una polemica vergognosa», e qui Iva un po' s'incazza. «Ma come? Uno non è libero di pagare una pagina di giornale e non è libero di scriverci quello che vuole? Giustamente qualcuno ha fatto il paragone con la vicenda di Sofri, che ha sempre scritto libri e articoli e a nessuno è mai venuto in mente di dire nulla». La Zanicchi parla con decisione, ma senza toni da campagna elettorale, dopo tutto non è stata riconfermata all'Europarlamento, non è più una politica. Si sente che è emozionata davvero, anche se già conosceva la realtà delle carceri. «Quella pagina sul Corriere era appena uscita», racconta. «Ho detto a Dell'Utri: “Marcello, hai visto che ci sono persone che ti vogliono ancora bene?”. Lui mi ha risposto: “Mi ha fatto un immenso piacere”. Poi ha fatto una lunga pausa e ha aggiunto: “Ma... E gli altri?”. Non so che cosa volesse dire...». Nel carcere di Parma hanno parlato del passato, dei tempi in cui Iva conduceva Ok il prezzo è giusto. Hanno ripensato alle vecchie campagne elettorali: «Ho sempre avuto grandi carinerie da lui. La primissima volta in cui mi sono candidata mi diede una stanzetta a Milano con un telefono e una segretaria, non posso dimenticarlo. È stato l'unico - l'unico - a darsi da fare e ad aiutarmi». Poi i ricordi come il matrimonio della figlia della Zanicchi, con Marcello che porta in regalo, ovviamente, un libro antico. Ecco, i libri. Sono il vero cruccio di Dell'Utri. «Non ha fatto nessuna recriminazione», spiega Iva. «Mi ha raccontato che è molto dura, ma che sopporta tutto. Ha un solo desiderio: le giornate vorrebbe passarle leggendo. Mi ha detto che tutti i detenuti hanno un televisore in cella. Fosse per lui potrebbero anche toglierglielo. È solo, in una cella molto piccola. Quando ci siamo incontrati sperava solo di alleviare la sofferenza del carcere con la lettura. Non vedo perché dovrebbero negargli i libri. Mica chiede il caviale. Già, che male possono fare un po' di libri? «Intendiamoci», ci tiene a precisare la Zanicchi. «Non è colpa della polizia penitenziaria. Anzi, fra di loro ho visto grande umanità, non sono certo degli aguzzini. Dell'Utri sosteneva pure che dovessero avere un'indennità di carcere, poiché devono lavorare tutto il giorno lì...». Vari quotidiani, nei giorni scorsi, hanno scritto che Dell'Utri avrebbe minacciato lo sciopero della fame se non l'avessero autorizzato ad avere più libri. Ma Iva smentisce. «Non so se lo posso dire, ma mi hanno spiegato che non è vero nulla, ha semplicemente fatto richiesta di avere qualche libro in più». Poi, forse ancora più importante, c'è la questione della salute. «Marcello è cardiopatico», dice la Zanicchi. «Non me lo invento, prende sedici medicine al giorno. E non vuole andare in infermeria. Al momento dell'incontro mi sembrava dimagrito, ma forse mi sbaglio, dopo tutto l'ho sempre visto impeccabile, in giacca e cravatta. Non l'avevo mai visto con i pantaloni e una maglietta. Però mi ha colpito una cosa. Quel giorno non faceva caldo, si stava benissimo. Eppure lui sudava tantissimo, continuava a tergersi le gocce sulla fronte. Mi chiedo che succederà quando il caldo diventerà soffocante. Ho sentito anche sua moglie, era molto provata, addolorata. Sa che per le patologie di cui soffre ha bisogno di fare passeggiate, di non patire il caldo. Ma lì come fa?». Infine, una richiesta che sembra surreale. «Mi ha detto che vorrebbe un ventaglio, ma non glielo concedono, perché potrebbe essere usato come arma impropria. Sto cercando di trovare dei ventagli di cartone per mandarglieli. E pensare che negli altri Paesi, nelle infermerie delle carceri, c'è l'aria condizionata». Iva lo ripete sempre: non parla dell'incontro per farsi pubblicità, ma per lanciare un appello: «Vorrei che gli amici scrivessero a Marcello, ha un bisogno grande di sapere che lo sostengono. La pagina sul Corriere gli ha fatto molto piacere ma forse non basta. Gli amici devono fargli sentire che ci sono. Non i milioni di amici che aveva prima. Quelli, pochi, che gli sono rimasti fedeli». di Francesco Borgonovo

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