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Ezio Mauro non ci sta: "Adesso che è stato assolto Berlusconi ci deve spiegare...

Nicoletta Orlandi Posti
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Silvio Berlusconi è stato assolto, ma per Ezio Mauro è già tempo di un nuovo processo. Il direttore di Repubblica nel suo editoriale dedicato alla notizia della sentenza della Corte d'Appello di Milano che ha ribaltato il giudizio di primo grado che vedeva il Cavaliere condannato a 7 anni per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile ne prende atto, ma chiede che Berlusconi spieghi "la ragione di tanta fretta" quella notte in cui telefonò in Questura dicendo "di consegnare immediatamente e nottetempo la ragazza Ruby ad una vedette del bunga-bunga spacciata per 'consigliere ministeriale' che appena dopo averla sottratta alla polizia abbandonò la minorenne da una prostituta brasiliana". Le bugie - Mauro chiede quali sono "i motivi di quelle bugie enormi, il terrore che Ruby restasse in mano alla questura o nella tutela del tribunale dei minori, la necessità di costruire ad ogni costo non un aiuto alla ragazza (la prostituta brasiliana non può esserlo) ma una scappatoia notturna a interrogatori, domande, possibili risposte. Perché questa impalcatura avventurosa, quest'ansia notturna che spinge un presidente del Consiglio ad interferire nelle procedure abituali della polizia dopo un furto, a far balenare addirittura un incidente diplomatico, a mandare una fidatissima olgettina a “esfiltrare” Ruby dalla questura per poi subito abbandonarla a missione evidentemente compiuta?". I ricatti - Ezio Mauro sottolinea che "la questione è politica, non soltanto giudiziaria, nient'affatto moralistica". E spiega: "Questa evidente fragilità privata del Cavaliere rende vulnerabile la sua funzione pubblica, spiega l'eccesso di comando — grado supremo della sovranità carismatica — come forma politica di una potestà sciolta da ogni controllo, e insieme sua garanzia perenne". "Non si tratta più di ipotesi criminali, dopo la sentenza d'appello", puntualizza il direttore di Repubblica. "Si tratta tuttavia di interrogativi logici e perfettamente legittimi, soprattutto se riguardano un leader politico che al momento aveva anche responsabilità di governo. Nulla di moralistico, come dicono i cantori, nulla di voyeuristico. Siamo dentro il territorio pieno della politica, del profilo pubblico di un Primo Ministro, dell'uso privato che fa della sua carica e del suo peso istituzionale. Dell'imbarazzo repubblicano — come accadrebbe in ogni democrazia occidentale — per questa vulnerabilità costante che spinge ogni volta un Capo di governo a sporgersi oltre il limite alzando la posta dell'abuso per i potenziali ricatti, imprigionato in una rete evidente di richieste esose, traffici pericolosi, intermediari vergognosi, pagamenti affannosi, e il contorno di taglieggiamenti incrociati di profittatori e mezzani come Lavitola e Tarantini". "Ci sono molte cose da chiarire, e Berlusconi potrebbe cominciare a farlo", conclude Ezio Mauro. "Anche perché finisce con questa sentenza la leggenda della persecuzione giudiziaria nei confronti del Cavaliere: sarebbe bene che finisse anche la persecuzione politica della destra berlusconiana nei confronti della giustizia, con intimidazioni preventive come la marcia incredibile dei parlamentari davanti al Palazzo di Giustizia di Milano, e con rivendicazioni postume, come chi oggi dopo l'Appello vuole brandire la riforma della giustizia come una clava".

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