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Corriere della Sera, lascia Ferruccio De Bortoli: gli scontri con Elkann e Scott Jovane. Ora il toto-direttore

Giulio Bucchi
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Il divorzio tra Ferruccio De Bortoli e il Corriere della Sera, o meglio il suo azionista principale, la Fiat, è storia di mesi. E l'annuncio dell'addio previsto per la primavera 2015, con un anno di "transizione", è tutto tranne che un fulmine a ciel sereno. Le frizioni in Rcs tra il direttore e  l'azionista di maggioranza John Elkann e l'ad Pietro Scott Jovane sono esplose alla luce del sole lo scorso marzo, quando i giornalisti di via Solferino scendono sul piede di guerra: mentre l'azienda procede a tagli dolorosi (compresa la cessione della storica sede, nel salotto nobile di Milano, e il trasferimento nella più anonima periferia Nord-Est di via Rizzoli), alla redazione non va giù il super bonus assegnato proprio a Jovane. Il premio legato ai 92 milioni di "risparmi" viene definito in un infuocato comunicato del CdR "vergognoso", ed è lo stesso De Bortoli a mettere il cappello sulla protesta. Già 4 mesi fa si parlava di dimissioni imminenti, proprio mentre ai vertici di Rcs si stava combattendo la guerra tra Elkann, Diego Della Valle e Urbano Cairo. Alla fine ha vinto il rampollo Agnelli, e lì De Bortoli ha capito che la poltrona più prestigiosa del giornalismo italiano sarebbe stata sua ancora per poco. De Bortoli poco renziano - Gli assetti societari e la politica di tagli vanno però a braccetto anche con la turbolenta situazione politica italiana. A Palazzo Chigi non ci sono più Mario Monti e il suo figlioccio Enrico Letta, ma è arrivato quel tornado di Matteo Renzi. Più o meno consapevolmente, il nuovo premier sposta tutti gli equilibri. Il Corriere di De Bortoli, dopo un avvio "in linea" inizia a riservare qualche attacco velenoso al governo, ultimo fra tutti l'infuocato editoriale di Francesco Giavazzi sui mancati tagli alla spesa. E proprio l'ultima settimana ha visto una escalation fatale per il direttore. A Melfi, Elkann e Sergio Marchionne vedono Renzi, si parla di Jeep e piovono complimenti incrociati. Sarà un caso, ma poche ore dopo il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi annuncia il progetto di incentivi sull'auto, assai graditi alla Fiat. Nel processo di sostanzioso avvicinamento tra Corriere ed esecutivo (fisiologico nella storia del più importante quotidiano italiano), a rimetterci le penne è stato così De Bortoli, forse anche per desiderio personale di andarsene. Calabresi e Cazzullo favoriti - Il toto-direttore naturalmente è già aperto, con un favorito d'obbligo e due outsider di peso. Tutte le strade portano a La Stampa, l'altro quotidiano di casa Fiat. Elkann ha stima infinita di Mario Calabresi, che negli ultimi mesi ha collocato il quotidiano torinese in una posizione saldamente filo-renziana. Anche qui, un indizio che può trasformarsi in prova. L'altro nome, questa volta interno a via Solferino, è Aldo Cazzullo. Insieme a Maria Teresa Meli, è la firma più vicina al premier tra tutte quelle del Corriere e aspira legittimamente alla direzione. Mal che vada, sarà vice-direttore di Calabresi. Ultima ipotesi, più complicata, è quella di Giulio Anselmi, presidente dell'agenzia Ansa e con un passato all star in Corriere, Panorama, Espresso, Messaggero, Secolo XIX e, per finire, Stampa: rispetto ai rivali, ha molta più esperienza e capacità di tenere i conti in ordine. Qualità che in tempi di spending review può tornare molto utile.

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