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Inps, Matteo ci mette l'amico di De Benedetti

Matteo Legnani
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«Occorre motivare i criteri in base ai quali la scelta è stata effettuata e assumersene fino in fondo la responsabilità». Era il 15 luglio quando Tito Boeri, editorialista caro a Carlo De Benedetti (dirige la fondazione intestata a Rodolfo, padre dell'Ingegnere) e commentatore di Repubblica, scriveva così su Lavoce.info, sito di economisti da lui fondato. La richiesta era motivata dalla nomina di Giorgio Alleva alla presidenza dell'Istat, secondo Boeri (e non solo lui) realizzata con criteri poco trasparenti: Matteo Renzi e i suoi, in sostanza, avevano chiesto curricula a destra e a manca per poi scegliere chi preferivano senza renderne trasparenti le ragioni: un «rito utile solo a mascherare scelte già fatte a priori», lamentava Boeri. Stavolta il governo ha fatto prima: si è risparmiato la sceneggiata dei curricula e ha nominato direttamente lo stesso Boeri alla presidenza dell'Inps. Non solo. Assieme ad altri, il puntiglioso Boeri ricordava che «le norme di legge specificano che il presidente dell'Istat deve essere “scelto tra i professori ordinari in materie statistiche, economiche ed affini, con esperienza internazionale”», e che queste norme contrastavano con «l'assenza di un profilo internazionale nel curriculum di Alleva». Anche sotto questo aspetto le analogie non mancano: le norme in vigore impongono infatti che il presidente dell'Inps sia «scelto in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di qualificata esperienza nell'esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell'Ente». Il bocconiano Boeri ha un bellissimo curriculum accademico, privo però di quei trascorsi manageriali ritenuti indispensabili. Questo non ha impedito al governo di nominarlo, né la mancanza di trasparenza nella scelta ha impedito a lui di accettare l'incarico. Accreditando così l'ipotesi di una operazione molto vecchio stile, con cui il giovane Renzi, anche in vista della partita del Quirinale, ha pensato bene di coprirsi sul fronte che affaccia su Repubblica mettendosi in squadra l'economista più vicino all'editore del gruppo Espresso. Con questa mossa a sorpresa, peraltro, Renzi si è tolto dalle scatole un critico fastidioso, che da sinistra faceva spesso le pulci ai provvedimenti del governo (tra gli ultimi scritti di Boeri, uno sulle «Dieci ragioni contro il Tfr in busta paga» e diverse analisi sulla «manovra dimezzata»). Renzi, peraltro, è in piena fase d'amore per De Benedetti. Tanto da presentare un emendamento alla legge di Stabilità per “correggere” una delibera dell'Autorità per le Comunicazioni che danneggia l'Ingegnere. L'Agcom, in sostanza, ha alleggerito gli oneri per le frequenze pagati da Rai e Mediaset e caricato gli altri operatori, tra cui Persidera (cui fa capo Rete A), della quale è azionista De Benedetti. Il governo, raccogliendo il grido di dolore lanciato in Parlamento dall'amministratore delegato di Persidera («un indebito vantaggio competitivo a Rai e Mediaset»), aveva scritto un emendamento per lasciare tutto invariato rispetto al 2013. La modifica è stata però dichiarata inammissibile in Senato e così adesso il ministero per lo Sviluppo economico sta lavorando in fretta e furia a un decreto. Per nominare Boeri, Renzi ha tradito l'accordo che aveva raggiunto col Nuovo centrodestra sul nome di Tiziano Treu, commissario dell'Inps che aspirava a diventare presidente malgrado la non tenerissima età di 75 anni. In poche ore gli alfaniani hanno ricevuto così due “pacchi” natalizi dal premier: l'arrivo all'Inps di Boeri, espressione di un “partito” ostile come Repubblica, e il mancato rispetto degli impegni presi sul Jobs Act, con la riforma del lavoro indebolita. Anche nel secondo caso la scelta di Renzi è stata politica: tra il Ncd e la minoranza del Pd ha scelto la seconda, sapendo che è da questa che deve attendersi i maggiori pericoli nella partita per il Quirinale. Nell'attesa che il governo spieghi i criteri usati per nominarlo, il nuovo presidente dell'Inps ha un ottimo modo per dimostrare di essere comunque l'uomo giusto. Da editorialista le idee non gli mancavano. Come quando invocava la consegna ai contribuenti della «busta arancione». «L'Inps ha tutti gli strumenti per fornire ai lavoratori italiani una stima precisa della loro futura pensione. Ma ministero e istituto di previdenza mantengono un silenzio colpevole», scriveva l'indignato Boeri. O quando chiedeva di introdurre un contributo «non per cassa, ma per equità», sulle pensioni più generose» concesse col retributivo o altri criteri privilegiati. «Ad esempio», scriveva, «i parlamentari hanno potuto godere delle regole del retributivo, potendo andare in pensione anche a 50 anni, fino all'anno scorso». Belle parole, proposte interessanti. Adesso, per Boeri, si tratta di passare ai fatti. di Fausto Carioti

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