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Prodi vuota il sacco: "Renzi mi offrì l'Onu in cambio del Quirinale"

Nicoletta Orlandi Posti
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Massimo D'Alema ha cercato in tutti i modi di boicottare la nascita dell'Ulivo. Beppe Grillo gli faceva leggere in anticipo tutti i suoi copioni. E ancora: l'agguato dei 101 franchi tiratori che in realtà sono stati 120 e Matteo Renzi che ha provato a "intortargliela" barattando la candidatura al Quirinale con lo scranno più alto delle Nazioni Unite, cosa per altro impossibile. Romano Prodi vuota il sacco e si toglie tutti i sassolini dalle scarpe: "Nel lungo e cordiale incontro con il presidente del Consiglio che c'è stato il 15 dicembre riguardo all'elezione del presidente della Repubblica Renzi si e limitato ad anticiparmi che il Pd avrebbe votato scheda bianca nelle prime tre votazioni e poi avrebbe preso le opportune decisioni. Ha poi gentilmente fatto cenno ad una mia possibile candidatura per la prossima segreteria delle Nazioni Unite. L'ho ringraziato, ma ho fatto presente la sostanziale impossibilità di realizzare questa proposta, sia per l'età che avro quando questa carica così impegnativa diventerà vacante (77 anni), sia per il forte supporto politico di cui godono altri candidati, che già si stanno attrezzando". La proposta di Bossi - Nel libro-intervista curato da Marco Damilano, l'ex presidente del consiglio ripercorre la sua e racconta i retroscena della sua carriera politica a partire dall'inedito incontro con Umberto Bossi che fu il primo a proporgli all'inizio degli anni Novanta un impegno politico nazionale, naturalmente nella Lega. Ma in "Missioneincompiuta" (Laterza) Prodi riconosce anche gli errori che ha commesso. Primo su tutti il fallimento dell'Ulivo per come era stato costruito. "La debolezza dell'Ulivo", dice il Professore, "fu quella di non rafforzare adeguatamente l'aspetto organizzativo- partitico, per cui alla fine i vecchi partiti e le vecchie correnti ne hanno indebolito le radici. Un errore grande. Il mio personale errore politico che oggi mi rimprovero è di non aver deciso di costruire un partito veramente nuovo, che si fondasse su queste basi. Lo si doveva lanciare dopo la notte delle primarie del 2005. Lo riconosco, è stato il mio errore più grande, ma solo visto a posteriori". L'Ulivo - Quanto al Pd di Matteo Renzi, Prodi riconosce che senza l'Ulivo non ci sarebbe mai stato. "Senza l'Ulivo non ci sarebbe stato il Pd", dice l'ex premier nel libro. "In questo senso si può dire che il Pd ne e figlio. Un figlio che ne ha ereditato l' obiettivo di mettere insieme tutti i riformismi. Questa è l' eredità dell' Ulivo, ma il Pd la valorizza a giorni alterni. Può essere un' interpretazione dell' Ulivo affermare che i sindacati non vanno ascoltati e che tutti i corpi intermedi, nessuno escluso, vadano distrutti o indeboliti?". "L' idea del Partito della Nazione non è compatibile con il bipolarismo", puntualizza Prodi. "È una contraddizione in termini. Nelle democrazie mature non vi può essere un Partito della Nazione". Il siluro - Prodi racconta anche della sua mancata elezione al Quirinale: "L'esito del voto segreto lo avevo rigorosamente previsto, anche se con qualche voto negativo in meno.  Nessuno può notare alcun cambiamento nei miei comportamenti dopo il voto dei 101 che, in realtà, sono stati quasi 120 . So di aver ricevuto un concreto numero di voti sparsi qua e là al di fuori del Pd, tra centristi, grillini e truppe sparse. E so che hanno votato per me un certo numero di miei antichi studenti. Molti hanno paura di votare per me. Hanno bisogno di qualcuno che garantisca una "controllabilità" assoluta. Io la controllabilità non la garantivo e non la garantisco né al Pd né a Forza Italia e neppure ai grillini".

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