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Berlusconi, lo sfogo di Coppi: "Gli dicevo di essere prudente ma non ne è valsa la pena"

L'avvocato Franco Coppi

Il legale del Cav al processo Mediaset: "Ho parlato due ore per nulla. La Cassazione ha ignorato alcuni punti cruciali, sono deluso dalle motivazioni"

Giulio Bucchi
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Nell'estate caldissima del Processo Mediaset in Cassazione lui, Franco Coppi, era il Principe del Foro saggio e prudente. L'altro, Niccolò Ghedini, era il giovane avvocato veemente, un po' sventato e messo in secondo piano, quasi a fare l'assistente. Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare, recita l'adagio. E il duro, secondo Silvio Berlusconi e i suoi fedelissimi, era Coppi, la "colomba" in grado di ammorbidire Antonio Esposito e gli altri quattro giudici della Consulta che avrebbero deciso sulla condanna del Cavaliere. Com'è finita lo sappiamo: 4 anni di carcere, rinvio in Appello per decidere sull'interdizione, terremoto politico. Altro che "sconti". "Ho parlato per dure ore. Ma è come se neanche avessi aperto bocca. E le assicuro che sono in grado di rendersi conto se gli argomenti che espongo meritino risposta o meno". Dal Corriere della Sera, è proprio Coppi a lanciare l'affondo ai giudici della Cassazione all'indomani della pubblicazione delle motivazioni di quella sentenza. Motivazioni, parla sua, "deludenti"  "Prudenza? Non ne è valsa la pena" - A Berlusconi lui aveva consigliato prudenza, a differenza di quel che dicevano al leader Pdl Ghedini e Piero Longo, suoi storici difensori. "Ora mi chiedo se ne sia valsa la pena", è il sorprendente sfogo di Coppi, cui non è andato giù l'atteggiamento della Corte. C'era "la testimonianza di un funzionario Fininvest mai indagato, che aveva detto di essere lui a stabilire la ripartizione degli ammortamenti". Non considerato. C'erano "testimoni che avevano dichiarato come lui (Berlusconi, ndr) non si occupasse da tempo delle questioni quotidiane". Non considerati. Il problema, secondo Coppi, è che la Cassazione ha ignorato passaggi cruciali: "Se si voleva sostenere che Berlusconi aveva dato disposizioni, ordini, occorreva dimostrarlo - continua l'avvocato -. La questione giuridica dell'abuso di diritto, laddove noi sostenevamo che non si potesse parlare di illecito penale, viene totalmente ignorata". E, non ultimo, "le esternazioni del presidente Esposito (nella contestata intervista "rubata" dal Mattino) sono smentite da quanto risulta negli atti processuali". Ora non rimane che una strada: sollevare di fronte alla Consulta la questione sulla costituzionalità della legge Severino sulla base della quale il Senato voterà la decadenza del leader Pdl. E questa volta, alzando la voce.

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