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Sergio Marchionne, il giornalista di Bloomberg: "Temeva di non essere considerato un esperto di macchine"

Cristina Agostini
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Sergio Marchionne poteva essere "brutale e aveva paura di non essere considerato un esperto di macchine. L'ho seguito per più di dieci anni", scrive Tommaso Ebhardt di Bloomberg in un articolo ripreso dal Foglio. "Il primo gennaio 2014 ero in un villaggio sperduto sulle Dolomiti, quando Sergio Marchionne ha disturbato le mie vacanze per l'ennesima volta. Nevicava fuori dal nostro chalet di montagna e io avevo appena promesso a mia figlia di quattro anni, che l'avrei portata a sciare la mattina seguente". Leggi anche: "Aveva ragione Marchionne...". Montezemolo umiliato pubblicamente Ma, racconta Ebhardt, "mentre stavo aprendo una bottiglia di prosecco, mi è arrivato un messaggio. La Fiat aveva appena completato l'acquisizione della Chrysler dopo cinque anni di negoziati. La bottiglia è rimasta chiusa sul tavolo e ho accesso il mio laptop, nonostante gli sguardi stupiti di mia moglie e mia figlia. Non ero sorpreso che l'annuncio fosse arrivato il giorno di Capodanno. Marchionne lavorava sette giorni a settimana, ogni giorno dell'anno. E quello con la Chrysler era il suo più grande accordo, quello che avrebbe dato alla Fiat un futuro stabile". La sua ossessione "era quella di salvare l'azienda automobilistica (Chrysler, ndr) che è un orgoglio italiano. Sento un grande senso di responsabilità, mi aveva detto nella nostra prima intervista nel 2011, mentre era seduto davanti a una scrivania piena di schemi e tabelle. Indossando uno dei suoi soliti maglioni neri, mi avevo detto: Queste cose succedono una volta nella vita. Sono un aggiustatore per natura. E dovrò aggiustare anche questo".

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