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Bruno Vespa: "La frase del Cav su Hitler e gli ebrei? Un'integrazione scritta"

Bruno Vespa e Silvio Berlusconi

Il conduttore di "Porta a Porta": "Berlusconi si sente perseguitato e vuole renderlo in maniera chiara"

Andrea Tempestini
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La frase di Silvio Berlusconi ha sollevato un polverone: "I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler". Il Cav è stato attaccato da tutti i fronti, poi ha frenato: "Frase estrapolata da un contesto più ampio, ho il massimo rispetto per la Shoah". La frase incriminata è stata consegnata a Bruno Vespa per il suo ultimo libro, Sale Zucchero e Caffè. Ed è proprio Vespa, in una breve intervista al Fatto Quotidiano, a dire come sono andate le cose. "Una dichiarazione eccessiva? Voleva rendere l'idea di questa sofferenza, di questo assedio. L'ha inserita in un secondo momento - rivela il conduttore di Porta a Porta -, inviandomi un'integrazione scritta a quanto mi aveva detto durante il colloquio. Ma sappiamo tutti - aggiunge - che sull'Olocausto in realtà la pensa come noi". In difesa di Berlusconi, Vespa snocciola un aneddoto: "Alcuni anni fa ci siamo trovati insieme a cena a casa dell'ex ambasciatore di Irsaele in Italia e telefonò Bnejamin Netanyah, già primo ministro. Parlò con Berlusconi, al quale disse: Tu sei il più grande amico di Israele. Lui è fatto così, lo conosciamo tutti". Quindi il conduttore Rai conferma: la frase del Cavaliere "è stata estrapolata da un contesto più ampio, come ha precisto anche lui. La frase è senz'altro forte. Ma mi creda, Berlusconi si sente perseguitato e voleva rendere in maniera chiara lo stato d'assedio che vive".

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