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Addio ad Andrea Camilleri: Sicilia e fumo, la parola si fece melodia

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Davide Locano
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«Se potessi vorrei finire la mia carriera seduto in una piazza a raccontare storie e alla fine del mio "cunto", passare tra il pubblico con la coppola in mano», sussurrava. L' uscita finale di Andrea Camilleri, il Tiresia della letteratura italiana, avrebbe dovuto essere l' ecpirosi, una deflagrazione estetica come non si vedevano dai tempi della tragedia greca. Come quando, davanti al pubblico del teatro di Siracusa, Camilleri vestì proprio i panni e la voce dell' antico indovino cieco, inoltrandosi nei labirinti della vita e della morte attraverso squarci di ricordi e la sua voce catacombale arrochita da mille sigarette. Camilleri non c' è più. A 93 anni ha lasciato questa terra, 25 milioni di lettori e una vita vissuta sulla cresta del successo non prima d' aver compiuto 70 anni (col successo incredibile del primo romanzo del Commissario Montalbano La forma dell' acqua, anno 1994). Prima, da figlio irregolare di un ispettore portuale di Porto Empedocle, pur avendo cominciato giovanissimo a pubblicare poesie e racconti, per molti anni si era dedicato al lavoro di regista, firmando grandiosi sceneggiati Rai di trama poliziesca che ho amato da bambino, dalle Avventure di Laura Storm al Tenente Sheridan a Maigret. E solo in età matura Camilleri aveva ripreso a scrivere, diventando un caso letterario grazie allo straordinario successo ottenuto con l' appoggio dell' editore Sellerio. Tra l' altro, questo suo coté televisivo/teatrale lo rese anche un ottimo titolare della cattedra di regia all' Accademia Nazionale d' Arte Drammatica Silvio D' Amico. Camilleri aveva molti volti. TALENTO LETTERARIO Camilleri poteva essere letto, soprattutto, con una doppia chiave. C' era la chiave dell' impegno politico ferocemente e orgogliosamente antiberlusconiano e di sinistra, in cui egli profondeva la sua vocazione da vessillifero del giustizialismo, dell' ultrasinistra di Micromega e di Tspiras: e nel 2013 nel programma tv Come la penso arrivò a ventilare gli accordi tra Di Pietro e Flores D' Arcais che avrebbero dovuto candidarlo alle Europee ma non se ne fece nulla, fortunatamente. Ma di questo aspetto camilleriano, che rappresenta tutto ciò che ho sempre ideologicamente combattuto, preferirei non trattare. Però svettava, Camilleri, soprattutto in chiave di talento letterario. Dal '78 anno del libro d' esordio Il corso delle cose, s' inventò il genius loci dell' immaginaria Vigata con i suoi paesaggi immoti e assolati, e i numerosi casi di omicidio e malaffare: un posto catartico perennemente in pausa pranzo, avvolto dal pungente odore di mafia e, nel contempo, da un sentimento di giustizia sostanziale. Che sono divenuti, nei decenni, il refrain del Montalbano protagonista di titoli oramai leggendari grazie anche alla fama mondiale derivata delle fiction tv: Il cane di terracotta (1996), Il ladro di merendine (1996), La voce del violino (1997), La gita a Tindari (2000), "L' odore della notte" (2001), Il giro di boa (2003), La pazienza del ragno (2004), La luna di carta (2005), La vampa d' agosto e Le ali della sfinge (2006), La pista di sabbia (2007), Il campo del vasaio e L' età del dubbio (2008), La danza del gabbiano (2009) e con alcune raccolte di racconti. Fuori sacco ci metterei anche La stagione della caccia, recentemente proposto da Raiuno, un Montalbano prima di Montalbano. Grandi successi si sono rivelati pure il saggio Un onorevole siciliano. Le interpellanze parlamentari di Leonardo Sciascia (2009); e gli altri romanzi Il nipote del Negus (2010); La caccia al tesoro (2010); Acqua in bocca (con C. Lucarelli, 2010); L' intermittenza (2010); Gran Circo Taddei (2011); Il gioco degli specchi (2011); Giudici (con C. Lucarelli e G. De Cataldo, 2011); e il romanzo storico La setta degli angeli (2011). Eppoi ecco che la produzione di Camilleri si riattiva nel 2017 con La rete di protezione, la raccolta di racconti autobiografici, e Esercizi di memoria e uno dei racconti contenuti dell' antologia Un anno in giallo; nel 2018 Il metodo Catalanotti, Ora dimmi di te. Interessante è pure I tacchini non ringraziano in cui, in una personalissima rilettura di Orwell e dei racconti di Peter il coniglio, Camilleri descrive gatti innamorati, capre puntualissime, tacchini di una dignità tutta sicula che «confondono il confine tra la coscienza umana e quella degli animali e sono sempre a favore di questi ultimi». LINGUAGGIO INEDITO «Scrivo perché è sempre meglio che scaricare casse al mercato centrale/Scrivo perché non so fare altro/Scrivo perché dopo posso dedicare i libri ai miei nipoti/Scrivo perché così mi ricordo di tutte le persone che ho amato/Scrivo perché mi piace raccontarmi storie/Scrivo perché mi piace raccontare storie/Scrivo perché alla fine posso prendermi la mia birra/ Scrivo per restituire qualcosa di tutto quello che ho letto». Stava tutta qui, in queste righe lapidarie, rubate un po' a "If", celeberrima poesia di Kipling, la filosofia della scrittura di Camilleri. Scrittura che esplodeva in un linguaggio inedito che era una commistione di italiano e siciliano filtrata attraverso lo studio sintattico di Goldoni, Ruzzante, Belli e Carlo Porta e la magniloquenza teatrale - e tutta sicula - di Angelo Musco. Diceva Camilleri: «Non si tratta di incastonare parole in dialetto all' interno di frasi strutturalmente italiane, quanto piuttosto di seguire il flusso di un suono, componendo una sorta di partitura che invece delle note adopera il suono delle parole. Per arrivare ad un impasto unico, dove non si riconosce più il lavoro strutturale che c' è dietro. Il risultato deve avere la consistenza della farina lievitata e pronta a diventare pane». Pane e circensi al tempo di Montalbano. E, da qui, ecco lo sdoganamento naturale di termini come babbiare, cabbasisi, catafottere. Camilleri era, un po' come Gadda, un ingegnere della pagina scritta: «Per un romanzo di Montalbano diciotto capitoli ciascuno di dieci pagine, ogni pagina nel mio computer vuol dire 23 righe. Un romanzo ben congegnato sta perfettamente in 180 pagine. Per i racconti, 24 pagine, o meglio 4 capitoli di 6 pagine ciascuno. Se non sento questa mia metrica vuol dire che qualcosa non va». E aveva ragione. Ogni suo lavoro era un giro armonico. Anche se poi, per me, a livello sperimentale, l' opera migliore di Camilleri rimane Noli me tangere (2016), romanzo fatto solo di dialoghi nella soggettiva del narratore. Il quale racconta e registra come se dovesse riprendere un film in un unico piano sequenza. Un racconto pazzesco che sviluppa una storia di passione e omicidi difficilissima da rendere. Camilleri non ha lasciato (non ha voluto lasciare) eredi. Leggenda narra che, temendo l' Alzheimer, abbia già architettato la fine di Montalbano in un manoscritto lasciato al suo editore Sellerio dieci anni fa, da rendere pubblico dopo la propria dipartita. È riuscito a tenerci sulla suspence anche dall' aldilà. Altro che coppola in mano. di Francesco Specchia

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