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Marco Travaglio ad alzo zero contro Marianna Madia: "Paracarro di periferia, lampione fulminato"

Davide Locano
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Che massacro per Marianna Madia. Ad eseguirlo, Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano e capo-ultrà grillino che non ha apprezzato troppo l'intervista concessa dalla piddina a La Stampa ieri, mercoledì 25 settembre. Nel suo infuocato commento, Travaglio premette corrosivo: "Era un po' di tempo che stavamo in pensiero: non avevamo più notizie di Marianna Madia. Ci mancava il suo sguardo penetrante da paracarro di periferia, il suo calore umano da termosifone spento, il suo irrefrenabile dinamismo intellettuale da lampione fulminato. Ci aspettavamo di trovarla nel toto-ministri, niente: c' era persino Guerini, ma lei no". Ma "poi, finalmente, La Stampa ci ha dato sue notizie. Marianna gode ottima salute. Ed è la solita fucina di idee". Leggi anche: Attacchi a Renzi e Raggi, Marianna Madia agita il governo Nel colloquio col quotidiano torinese, la Madia in buona sostanza aveva invocato le dimissioni di Virginia Raggi da sindaco di Roma (per favorire la collaborazione Pd-M5s) e aveva criticato la scissione di Matteo Renzi. Due tesi contestate da Travaglio, il quale ovviamente difende la sindachessa pentastellata. E dopo aver elencato le ragioni per le quali, a suo giudizio, le dimissioni sarebbero inopportune, Travaglio commenta: "La Madia, non avendo mai preso un vito in vita sua, detesta i sindaci di Roma eletti dal popolo almeno quanto il Pd, che cacciò Marino dopo un anno e mezzo e ora ci riprova con la Raggi". Dunque, il direttore ricorda come nel criticare la scissione di Renzi, la Madia abbia affermato che "nelle correnti del Pd fatico a capire posizionamenti e ideali". Frase che innesca la seconda bordata: "E parla per esperienza, avendole girate tutte - riprende Travaglio -: è stata napolitaniana (nel senso di Giulio), veltroniana, lettiana (nel senso di Enrico), dalemiana, bersaniana, renziana, gentiloniana, zingarettiana. Ma non ha mai capito i posizionamenti ideali. Mi sa che è colpa della Raggi", conclude il direttore del Fatto.

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