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DiMartedì, Giovanni Floris diciotto anni dopo confessa: "Perché chiudo le puntate dicendo alè"

Marco Rossi
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Giovanni Floris, intervistato dal Corriere della sera in edicola lunedì 3 febbraio, racconta i segreti di DiMartedì e aneddoti sulla sua carriera di giornalista e conduttore di talk show. "Il nome DiMartedì l'ho scelto io. Serviva un nome facile per ripartire dopo Ballarò. Il saluto Alé (con cui chiude le puntate dal 2002, all'epoca conduceva Ballarò, ndr)? È il modo in cui ci salutavamo io e mia moglie appena conosciuti. Come mi preparo alla maratona tv del martedì? Mi sveglio alle 7-7.30 e ascolto il Gr Rai. Poi mi alzo e leggo tutti i quotidiani. Faccio colazione. Rivedo con la mia squadra i blocchi perché di sicuro tre o quattro ospiti danno forfait e bisogna rimpiazzarli. Rivedo la scaletta e aggiungo domande qua e là. Pranzo intorno a mezzogiorno e mezzo. Poi dormo fino alle 15. Doccia, barba e vado in redazione. Alle quattro e mezzo cominciamo con le parti registrate, alle 21.15 siamo in diretta". Leggi anche: Giorgia Meloni contro le Sardine a DiMartedì "I miei modelli? Bruno Vespa e Michele Santoro. Se sostituire Santoro sembrava impossibile, per la stampa più critica io sarei diventato come Vespa. Ho la fortuna di avere i suggerimenti per DiMartedì da parte di Michele. Credo che conosca la tv come pochi. Amici? Conosco il regista Paolo Genovese da quando ho 16 anni. Sta vivendo una vicenda così tragica, l'incubo di ogni genitore. Un dolore intollerabile, infinito per le famiglie che hanno perso le figlie. Una prova durissima per la famiglia di Paolo, cui voglio bene. Non riesco ad aggiungere altro".

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