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Silvio Berlusconi sul coronavirus: "Temevo di non farcela", tre giorni drammatici. E su Zangrillo: "Un equivoco"

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“Nei primi giorni di ricovero ho temuto per la mia vita. Ma dopo ho continuato a lavorare a delle interviste per i giornali, nonostante il professor Zangrillo, che oltre ad essere un bravo medico è un mio amico, cercasse in tutti i modi di impedirmelo”. Così Silvio Berlusconi, fresco di ritorno a casa dopo il ricovero al San Raffaele, ha raccontato la sua esperienza diretta con il coronavirus in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. “I momenti più duri sono stati i primi tre giorni in ospedale - ha spiegato il Cav - avevo dolore dovunque, non riuscivo a stare nella stessa posizione per più di un minuto. Temevo di non farcela. In quei momenti ho avuto chiare negli occhi le terribili immagini degli ospedali che tutti abbiamo visto in questi mesi, le terapie intensive, i pazienti intubati. Mi hanno detto successivamente che la carica virale trovata nel mio tampone era la più alta riscontrata al San Raffaele. Dunque il rischio è stato concreto e reale”.

Il leader di Forza Italia ha anche parlato di Alberto Zangrillo, ancora nell’occhio del ciclone per le sue dichiarazioni ottimistiche sul virus nei mesi scorsi: “Credo che su questo sia nato un equivoco. Il professore ha espresso da medico valutazioni destinate al dibattito scientifico. Forse essendo un clinico e non un politico ha sottovalutato il fatto che sarebbero state riprese, enfatizzate e sostanzialmente fraintese dai mass media. Il suo non era affatto un invito ad abbassare la guardia. Del resto nel mio caso - ha concluso Berlusconi - non ha certo sottovalutato sintomi apparentemente lievi che però nascondevano una situazione molto seria per la quale mi ha imposto un ricovero immediato in piena notte”. 

 

 

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