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Report, Sergio Borsato: "Ecco come ho smascherato Sigfrido Ranucci", parla l'uomo dei video

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«Io non sono nessuno, sono solo uno che fa il proprio lavoro, sono un cantautore, un musicista, un imprenditore, e quella storia del 2014 mi ha già creato fin troppi problemi. Avrei preferito non se ne parlasse più, anche perché io sono stato assolto con formula piena e per me va bene così. Ringrazio la mia famiglia, il mio avvocato e i miei amici che mi sono sempre stati vicini». Sergio Borsato da Cartigliano, ridente paesino alle porte di Bassano del Grappa, è l'uomo al centro del caso Report e dei video in cui il conduttore Sigfrido Ranucci parla delle modalità del suo lavoro. Una vicenda che imbarazza la Rai, infatti si è mossa la Vigilanza, e su cui stanno indagando la Corte dei Conti e il Copasir. Raggiunto da Libero, Borsato si sfoga: «Ho letto che sarei un videomaker, un freelance, una spia, ma non è vero niente. Io sono prima di tutto un musicista. Ho collaborato con i grandi, da Marvin Etzioni a Massimo Bubola, sono autore e produttore eppure sembra solo che io abbia scritto l'inno della Lega Nord "Padania Guarda Avanti". L'ho scritto certo, ma mica solo quello». Borsato era un militante leghista di stretta osservanza bossiana, ma quando un altro attivista, Mauro Sicchiero, gli ha spifferato che Report avrebbe mandato in onda una puntata contro il sindaco di Verona Flavio Tosi, la sua amministrazione e la sua Fondazione, ha deciso di agire. «Io non ero certo "tosiano"», premette, «ma anche il peggior nemico di fronte a un'operazione del genere va messo in guardia».

 

 

TRA VENETO E CALABRIA
L'operazione in questione, come documentato di recente da Il Riformista, era il confezionamento di un'inchiesta che oltre a screditare il Comune di Verona ventilando presunte infiltrazioni mafiose per via di una cena di Tosi a Crotone, avrebbe avuto come ciliegina sulla torta un filmino scandalistico sul sindaco, allora uomo forte del Carroccio. Il programma di Rai3, in pratica, avrebbe fatto emergere Tosi come un soggetto ricattabile dall'ndrangheta e questo perché all'allora inviato di Milena Gabanelli era giunta voce dell'esistenza di questa «bomba» di fango. «Ranucci», conferma Borsato, «era convinto che ci fossero in giro delle immagini dove si vedeva Tosi che ballava con i tacchi e il gonnellino verde. Ma figuriamoci! Non era vero niente! Tutte balle. Invece lui era pronto a sborsare per averlo. Tanto paga la Rai, cioè noi. Quando io ho saputo che si stava apparecchiando questa imboscata, ho avvertito il sindaco che mi ha detto: Sergio, io però voglio delle prove. Così siamo andati a Roma all'appuntamento con i cronisti di Report, Ranucci e Giorgio Mottola, e abbiamo usato gli stessi metodi che usano i giornalisti: abbiamo registrato». Borsato ripercorre la vicenda che ha coinvolto almeno altri due soggetti, come riporta la sentenza del tribunale di Verona del 2019, che lo ha assolto dal reato di calunnia perché «il fatto non costituisce reato». Il cantante non era solo a quel pranzo a Trastevere a immortalare con una "cimice" le frasi del conduttore che illustrava ai commensali come fargli recapitare su una cassettina il "materiale grezzo" e con quale dicitura. Gli incontri per parlare dell'affaire Tosi furono tre, tra la Capitale e il Veneto. Un ruolo importante nel trappolone del finto scoop l'ha giocato Sicchiero, pure lui ex militante della Liga e allora "persona informata sui fatti", nel senso che fu il primo a ventilare a quelli di Report l'esistenza di un dossier contro Tosi e a parlarne poi con Borsato. «Mi disse che Ranucci avrebbe pagato anche 15mila euro ed è stato allora che io ho pensato: lo dico a Tosi». Il 31 gennaio 2014, infatti, Ranucci ha intervistato Sicchiero ma le informazioni rese da costui non hanno avuto riscontri, anche perché non c'era alcun filmino hard.

 

 

MILENA NON CI CASCAVA
Nelle carte viene tirato in ballo, poi, Massimo Giacobbo «un mio amico», dice Borsato, «è venuto con me a Roma e abbiamo organizzato la videoregistrazione di Ranucci al ristorante. La Gabanelli secondo me ci avrebbe scoperti, lui no». Praticamente, Borsato e il "complice" hanno fatto credere a Sigfrido che gli avrebbero servito uno scoop. Invece, lo hanno fatto parlare senza dargli nulla perché nulla c'era. Poi, videoregistrato il pranzo e tornati a Verona, Borsato ha subito chiamato Tosi. «Abbiamo consegnato tutto al procuratore, registrazioni audio e video. Perché l'ho fatto? Perché sono contro la gogna mediatica e mi stupisco che la Rai abbia potuto pensare anche solo per un attimo a fare una puntata così». Con Ranucci, a parte in tribunale, vi siete mai sentiti? Dopo Roma mi ha mandato una serie di sms. Poi c'è stata la denuncia, per me non è stato piacevole, sono stati anni duri. Avrei voluto un confronto tv con lui che sosteneva che avevo manipolato i video, ma non c'è stato. Io, però, ho squarciato un velo».

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