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Papa Francesco, annullato l'incontro con il patriarca Kirill: un pessimo segnale

Carlo Nicolato
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Il nuovo incontro tra Papa Bergoglio e il Patriarca di Mosca Kirill non si farà, almeno non quello previsto per giugno a Gerusalemme e preparato da tempo, da ben prima che cominciasse la guerra in Ucraina. Sul finire dello scorso anno Francesco si era perfino detto disponibile a incontrare il capo della Chiesa ortodossa russa anche a Mosca, poi si era scelta una sede neutra ma altamente significativa per entrambi, Gerusalemme appunto. Il confronto avrebbe dovuto essere incentrato sui temi della cristianità, sulle discriminazioni e le persecuzioni dei credenti nel mondo; si era escluso, o almeno lo aveva escluso il metropolita Hilarion, sorta di ministro degli Esteri del patriarcato, che si sarebbe parlato delle tensioni tra Stati e dei possibili conflitti. Ma ciò non toglie che il Vaticano nello stesso periodo si stesse muovendo nel Donbass, dove la guerra peraltro non era mai finita dai tempi della Crimea (2014). Ne aveva parlato Paul Richard Gallagher, arcivescovo inglese e segretario per i rapporti con gli Stati assicurando che se i belligeranti lo avessero chiesto sarebbe stato «possibile un coinvolgimento diretto della Santa Sede nelle negoziazioni». Perfino Zelenskij aveva espresso la volontà di voler incontrare Vladimir Putin in Vaticano.

 

 


Poi l'attacco russo ben oltre il Donbass è arrivato davvero e in grande stile, e il Pontefice ha spiegato in un'intervista al quotidiano argentino La Nación che l'incontro con il Patriarca Kirill «in questo momento potrebbe creare molta confusione». C'è anche una questione di salute, quel problema ai legamenti del ginocchio che gli impedisce di camminare come dovrebbe e che richiede riposo, anche perché il Papa rifiuta le infiltrazioni preferendo limitarsi al ghiaccio e agli antidolorifici: «Passerà», dice, «la guarigione dei legamenti è lenta a questa età».

 

 


ACCORDO O CONFLITTO
Ma non è quello. Certamente, fa capire Bergoglio, l'incontro non salta per una presunta rottura con il patriarca dovuta alle sue posizioni fortemente nazionaliste o alle sue uscite molto discutibili, i rapporti tra i due «sono molto buoni» e tantomeno l'intenzione del Papa è quella di interrompere il dialogo tra le due fedi. «Quando ero arcivescovo di Buenos Aires ho riunito cristiani, ebrei e musulmani in un dialogo fruttifero» ricorda, iniziativa di cui ancora si sente orgoglioso. E questa «è la stessa politica che promuovo al Vaticano», la stessa politica per cui «l'accordo è sempre superiore al conflitto». Tra le religioni come tra gli Stati. E se non vedrà Kirill nemmeno è andato o andrà a Kiev dove Zelensky e tutti gli ucraini lo aspettavano speranzosi. «Non posso fare nulla che metta a rischio obiettivi più elevati, che siano la fine della guerra, una tregua o, almeno, un corridoio umanitario», risponde Bergoglio nell'intervista chiedendo poi, e chiedendosi a sua volta, a cosa servirebbe per il Papa andare a Kiev se la guerra poi continuasse il giorno successivo.


La verità dunque è che ci sono trattative in corso e come aveva preannunciato in tempi non sospetti l'arcivescovo Gallagher, anche il Vaticano è coinvolto: qualsiasi mossa in una direzione o nell'altra potrebbe appunto «creare molta confusione». Secondo La Nación tra gli alti prelati che hanno accompagnato il Papa per l'intervista si crede che la guerra, o gran parte di essa, possa finire ai primi di maggio. «Il Vaticano non riposa mai», assicura Bergoglio, «non posso dirvi i dettagli perché cesserebbero di essere sforzi diplomatici. Ma i tentativi non si fermeranno mai».

 

 


L'AZIONE DIPLOMATICA
Lui stesso, con una decisione presa dopo una notte insonne pensando alle vittime in Ucraina, si è presentato da solo all'ambasciata russa del Vaticano per chiedere con la sua sola presenza che il governo russo ponesse fine alla guerra. «Vorrei fare qualcosa in modo che non ci sia più un morto in Ucraina» aggiunge il Papa, «non uno di più. E sono disposto a fare tutto». Perché non c'è giustificazione per nessuna morte, né per un attacco militare a una nazione. Nemmeno per la Russia che si sente minacciata dalla possibile entrata dell'Ucraina nella Nato? A tale domanda - ricordiamo che il giornale è argentino e il governo di Buenos Aires non si è allineato alle sanzioni contro la Russia - il Papa risponde lapidario: «Tutte le guerre sono anacronistiche a questo mondo e a questo livello di civiltà». Non ci sono ragioni, ma solo vittime: «Ecco perché ho anche baciato pubblicamente la bandiera ucraina. È stato un gesto di solidarietà con i loro defunti, con le loro famiglie e con coloro che soffrono l'emigrazione». 

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