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Ong, Luca Casarini: "Abbiamo fatto il botto", l'intercettazione che spiega tutto

Francesco Storace
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No, è difficile pensare alle Ong come alle beatitudini. E anche se Papa Francesco ha a cuore il destino dei migranti, è difficile che il Pontefice possa accettare di canonizzare i mercanti di carne umana. A partire da Luca Casarini. Perché, processo o no, restano raccapriccianti quelle intercettazioni che a marzo 2021 vennero fuori dalla procura di Ragusa sul giro enorme di soldi in cambio di "soccorso". A settembre dell'anno precedente, sulla Mare Jonio dove faceva il protagonista l'ex disobbediente di estrema sinistra Casarini, apparve abbastanza remunerativo far salire a bordo 27 migranti dalla petroliera danese Maersk Etienne. Per portarli - immancabilmente - in Italia. Costo per i titolari della nave, la società Maersk Etienne, 125mila euro. Con un giro di esultanze telefoniche da far venire i brividi ai pm che firmarono la conclusione indagini. Rafforzata dalla Corte di Cassazione, che a dicembre 2021, confermò il sequestro dell'imbarcazione.

 

 


Secondo i magistrati, una delle telefonate non ammetteva equivoci per ciò che diceva Casarini all'ex assessore Beppe Caccia del comune di Venezia. I due concordano che il bonifico dovrà apparire come il pagamento di «una fattura per attività di navigazione della Idra a dei partner privati» per mascherare l'affare soldi-migranti. La causale del bonifico alla fine indica non meglio precisati "servizi di assistenza forniti in acque internazionali". Altre telefonate? Ce ne furono per tutti i gusti. Casarini intercettato mentre parla con Alessandro Metz, armatore della Mare Jonio ed ex consigliere regionale dei Verdi in Friuli-Venezia Giulia, sostiene che «domani a quest' ora potremmo essere con lo champagne in mano a festeggiare perché arriva la risposta dei danesi» e se domani ci sarà l'ok «abbiamo svoltato e possiamo pagare stipendi e debiti».


Ancora prima lo stesso Casarini aveva detto: «Mi sa che abbiamo fatto il botto». Le telefonate intercettate sono numerose. «Speriamo bene dice Casarini a Caccia -. Con quelli si sistemano tutti!». I danesi studiano la formula di copertura migliore per fare apparire l'operazione «legale». E certo che volevano festeggiare... Per la procura di Ragusa avevano organizzato anche astuti trabocchetti per il trasbordo dei migranti in mare, con «il rilevamento di una situazione emergenziale di natura sanitaria a bordo della petroliera danese documentata da un report medico del team di soccorritori che si era imbarcato illegittimamente sul rimorchiatore».

 

 


Mica finisce qui, raccontarono gli inquirenti: Mare Jonio, diffidata dall'effettuare, in maniera stabile, attività di salvataggio in mare, parte da Lampedusa «per consegnare 80 litri di benzina». A 12 miglia dalla costa italiana, però, salgono in due sulla Mare Jonio per l'ispezione medica ed il trasbordo dalla Maersk Etienne. Dalla petroliera danese vengono fatti evacuare con fretta sospetta una migrante «in presunto stato di gravidanza stimato al secondo trimestre» e il marito. Poi visitata in ospedale in Italia, si scopre improvvisamente che la donna non ha «nulla di patologico» e non è neppure incinta. Una finta. Il giorno dopo arriva l'autorizzazione a sbarcare a Pozzallo i 27 migranti trasbordati sulla Mare Jonio. La nave danese è «libera» dopo oltre un mese di stop costato decine di migliaia di euro al giorno. I signori e padroni dell'accoglienza hanno risolto il problema e quando arrivano i 125mila euro dell'armatore danese, Caccia, come si legge negli atti, preannuncia a Casarini «l'attribuzione di una confortante gratifica natalizia». 

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