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I compagni di solitudine di Solinas, un'educazione culturale

Stenio Solinas

La grandezza degli irregolari

Francesco Specchia
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L'importanza maestri è quella di schiuderti mondi, da fermi, su un piede solo, finanche immersi in sacrali silenzi. Ecco. Stenio Solinas per taratura culturale, noblesse e «insolente capacità di scrittura» è stato uno dei grandi maestri della mia generazione.

Stenio ha sempre indossato molte giacche, tutte di marca, in pendant con quei sigarilli fumati solo dagli eroi di Conrad e Hugo Pratt. Punta di diamante della Nuova Destra e della Settecolori; miglior caporedattore culturale del Giornale di sempre; inviato in Normandia, in Cina o sul postale di Bristol; notista politico aguzzo; biografo immaginifico degli irregolari: Solinas è sempre stato il mio invincibile intellettuale di riferimento. Due suoi libri -benedetti da Mario Spagnol- sono nella leggenda. Uno è Per farla finita con la destra, del '97. L'altro è Compagni di solitudine, oggi rieditato (Bietti pp. 368, euro 20) a vent' anni dalla prima uscita. Stenio cita nella nuova prefazione i Vent' anni dopo di Dumas, il fragore di Perez Reverte il Solinas spagnolo e, a sua volta, i suoi modelli da Buscaroli ad Accame a Cattabiani. Io ne sfoglio le pagine odorose di bella scrittura, epica dumasiana e senso del rispetto e dell'onore. E ci rivedo la mia educazione intellettuale. Un quarto di secolo fa divorammo i medaglioni di Compagni con la voracità dei poeti e dei reietti. C'erano, lì dentro, il decadente Drieu la Rochelle e il suo fratello separato Malraux; Saint Exupéry il traversatore di mari e anime; gli avventurieri di deserti Thesiger e Lawrence d'Arabia; il vagabondo Morand. Solinas ha colmato per un quarto di secolo le nostre lacune e risvegliato (per quanto possibile) le nostre coscienze. La nostra riconoscenza verso di lui è profonda come i suoi racconti... 

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