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Ratzinger, dal corvo alle trappole: Benedetto ha rispedito il Diavolo all'inferno

In Vaticano regna il terrore

Renato Farina
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La chiave per aprire i misteri di un Pontificato di persecuzione e di resistenza l'ha fornita ieri la persona che più di tutti è stata accanto a Benedetto XVI regnante e a Benedetto XVI non più sulla cattedra, ma dal 1° marzo 2013 disceso giù nelle profondità del silenzio dove Cristo stette tre giorni e ora l'ha accolto da amico nella loro casa comune. L'arcivescovo Georg Gänswein, 66 anni, segretario prima del cardinale e poi del Papa fino alla morte il 31 dicembre scorso, ha rivelato il nome di un protagonista reale e non metaforico della vicenda del penultimo papato: il diavolo, satana, l’angelo decaduto! È costui ad aver capeggiato la feroce guerra contro Joseph Ratzinger eletto Vescovo di Roma, e individuato come nemico da abbattere, ridicolizzare, privare della sua vocazione e della sua invincibile letizia. Il diavolo, senz' altro. Di sicuro, dice il dolce abbandono di Joseph dell'ultimo istante- «Signore, ti amo!»-, l'Anticristo ritorna sconfitto e scornato nel suo Nulla. Usiamo un linguaggio strano, poco laico? Mi rendo conto. Il fatto è che da queste parti il libro dell'Apocalisse è di casa ed è letto e interpretato non come racconto di personaggi fiabeschi, ma quale Rivelazione del destino umano-divino, con la lotta vittoriosa della Donna vestita di Sole contro il Drago. Nel dramma della storia concreta di uomini e Papi non esiste solo la nostra libertà e la volontà del Padre, ma c'è anche questo ospite indesiderato. Esagera don Georg? Enfatizza?


L'INTERVISTA
Ecco cosa ha detto nell'intervista a Ezio Mauro su Repubblica. Chiede Mauro: Quando il nuovo Papa dice pregate per me, perché io non fugga per paura davanti ai lupi, di quali lupi parlava? Non immaginavate che questa lotta sarebbe nata proprio all'interno del Vaticano... «Durante il pontificato ci sono stati molti problemi, Vatileaks, poi lo Ior. Ma è ovvio che, come direbbe papa Francesco, il cattivo, il maligno, il diavolo non dorme. È chiaro: cerca sempre di toccare, di colpire dove i nervi sono scoperti, e fa più male». Sta dicendo che ha sentito la presenza del diavolo in quegli anni? «L'ho sentito in realtà molto contrarie, contro papa Benedetto».


Il diavolo. Vecchia conoscenza. A riproporne la realtà personale e non metaforica fu Paolo VI nel 1972, scatenando un'ondata di ripulse mondane: ma come?, era uno di noi, un intellettuale moderno, che aveva separato gli ambiti di fede (sempre soggettiva) e ragione (oggettiva, unica sorgente del vero), e adesso ripropone mitologie irrazionali. Vittorio Gorresio gli dedicò un volume beffardo "Paolo VI e il Diavolo". Papa Montini, oggi santo, il 29 giugno festa dei santi Pietro e Paolo, aveva detto leggendo scarni appunti: ho la sensazione che «da qualche fessura sia entrato il fumo di satana nel tempio di Dio».

Lo stesso Francesco ha rifatto quest' esperienza. Ricordo una telefonata di Andrea Tornielli che nell'ottobre 2018, già vicinissimo a Bergoglio, mi chiese di comunicare la drammaticità dell'invito di Francesco ai fedeli di tutto il mondo di pregare il Santo Rosario per chiedere «alla Vergine Maria e a San Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dal diavolo che mira a dividere la comunità cristiana». Ora toccava al pontefice argentino questa lotta sempiterna. Deve avergliene parlato il collega bavarese.

 


Possiamo fare l'elenco degli assalti condotti dal diavolo e dalla sua combriccola a Benedetto? Dal primo giorno, il 19 aprile 2005. In Italia fu chiamato "Pastore tedesco", in Germania "vecchio goffo e ridicolo". Dentro il "recinto di Pietro" gli furono tese innumerevoli trappole. Non fecero nulla per illustrare per tempo il significato della lezione su "fede e ragione" a Ratisbona, esponendolo ai colpi della stampa mondiale e dei fondamentalisti islamici da essa aizzati.

 


IMBECCATI
Der Spiegel fu imbeccato da vescovi tedeschi e da loro propaggini vaticane, mise sotto dodici cronisti alla caccia di abusi sessuali da attribuirsi alla compiacenza dell'allora arcivescovo di Monaco. L'invito negato nel 2007 alla Sapienza di Roma, senza che il Vaticano intervenisse con efficacia presso il governo. La scomunica tolta ai quattro vescovi lefebvriani, un atto di misericordia che si rivelò una trappola: gli fu tenuto nascosto che uno di loro aveva appena negato la Shoa. Infine il furto di documenti riservati da un suo figlioletto timido e traditore, la loro pubblicazione in libro, e il Corriere della Sera che pubblica l'anticipazione!


Era chiaro che quest' uomo era stato lasciato solo. A questo punto cambiò la linea del diavolo e dei suoi amici. Ci fu una ritrattazione funzionale a un nuovo disegno di sgozzamento dell'agnello. Repubblica confessò: sbagliammo a definirlo "Rottweiler" o "Panzerkardinal" ma è un "amabile studioso" che ha osservato impotente la "crisi irreversibile del papato". Der Spiegel, settimanale di Amburgo, campione di progressismo, gli dedicò questo titolo sarcastico: «L'Infallibile ha fallito la sua missione». Terra bruciata dentro e fuori la Chiesa, ma non davanti al tabernacolo. Si parlarono, succede ai santi. Si dimise, non perché costretto da questa gente, ma perché interpretò la sua debolezza nell'esercizio del potere come indicazione di un'altra missione: rinunciare al governo, scendere dalla cattedra, salire su una nuova croce, dando la vita "fino alla fine" nel nascondimento (così Francesco il 29 dicembre).


Si approssima intanto la data dei funerali, giovedì alle 9.30, ma l'orario è la sola cosa sicura di un cerimoniale inedito. Ancora non si sa se il feretro sarà appoggiato sulle pietre di piazza San Pietro, coram populo, esposto allo sguardo del cielo, come capitò ai predecessori del Papa bavarese; oppure adagiato sul marmo della Basilica, sopra le tombe di tanti Pontefici. I funerali - precisa la Sala Stampa della Santa Sede per tenere a bada il rango dell'evento - saranno «solenni ma sobri». Usa proprio quell'aggettivo, con un involontario spirito di patata che avrebbe fatto sorridere il seminarista Joseph Ratzinger ma anche il vecchio Benedetto. Funerali solenni ma sobri! Sobrio, dice il dizionario, è il contrario di «ebbro, incontinente, smodato, scatenato, sfrenato». Insomma, non si stapperà champagne, mancheranno fuochi di artificio e nessun elicottero getterà petali di rosa sui cavalli bianchi presi a prestito dai Casamonica. Ma sì che ne riderebbe: chi se ne importa di quale classe ecclesiastica saranno le esequie, avrebbe preferito essere gettato in una fossa comune, dimenticato da tutti, come il suo amatissimo Mozart, purché restasse nell'aria e nell'animo dei semplici la musica evangelica di cui nei suoi 95 anni di vita si era fatto violino, pianoforte, forse usignuolo. Del resto mano a mano passano le ore, e la grandezza morale e intellettuale del defunto si fa strada nella consapevolezza di tutti, persino di chi l'ha avversato.


POTERE SUI CUORI
La folla intanto si mette in fila paziente. Le autorità invece accedono da entrate speciali e si mettono in ginocchio. Prevale comunque il tono minore. Certo per affinità con l'interiorità di Joseph, ma - diciamolo per precisa e comprensibile scelta di politica ecclesiastica e per non dare la stura a equivoci su un doppio Papato che mai è esistito. Non si inuma insomma un Papa defunto, ma un ex. Tale è infatti un emerito, un senza potere, salvo quello invisibile di agitare i cuori e di far paura al mondo, e- la parola è stata pronunciata- al diavolo. Sentimenti di tenerezza e di speranza promanano dalla figura serena e pacificata di questo prete che giace esanime impugnando il rosario. C'era un ospite indesiderabile- forse invitato da qualcuno, forse ingolosito dalla purezza sfidante di Benedetto - ma il diavolo è andato alla fine a casa sua: al diavolo! Perdente, come nell'Apocalisse.

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