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Israele, ecco che fine hanno fatto gli ostaggi

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Domenico Quirico, in un intenso e toccante articolo pubblicato su La Stampa, racconta la sua esperienza da ostaggio degli estremisti islamici pensando alle centinaia di israeliani che in questo momento sono nelle mani di Hamas. Gli ostaggi di Gaza, spiega, "sono ostaggi non di un movimento nazionalista o che esige l’indipendenza di una terra che rivendica in base ad antiche rimembranze e torti recenti: sono ostaggi del Jihad, di una guerra santa, ovvero di chi con molti nomi, Al Qaeda, Isis, Hamas, Jihad islamica, Al-Shabaab pretende di purificare il mondo". "Ho già vissuto nel passato quello che sta accadendo nel presente, in Israele, a Gaza", scrive il giornalista e inviato. "La situazione tragica, lo scantinato buio, i miliziani armati di mitra cupi, urlanti, violenti, hanno giù ucciso, tanto. E sono pronti a farlo ancora con quelle vite che hanno afferrato, che possono buttar via come se fossero cartucce vuote. Chi ha vissuto un sequestro si illude di poter parlare, muoversi, agire come se avesse ormai visto tutto e sia dunque pronto ad accettare qualsiasi cosa. Ebbene: non è così. Credo sia colpa del fatto che la presa di ostaggi in genere è una tragedia, nel suo prologo, avvolta di buio, fatta di assenza. Vive poi, quel momento, nei ricordi solo di chi l’ha vissuto, vittime e carnefici".

 

 

 

Quirico ricorda che quando sei in ostaggio "a un tratto non si ha più paura, non c’è più disperazione, un lusso che dopo settimane, mesi non ci si può più permettere. Non si è che occhio e passività: e si raggiunge una strana pacata chiarezza. I carcerieri vanno e vengono, portano cibo e acqua o ti privano di tutto, picchiano, minacciano, ti regalano vacue speranze. Lo sforzo che si sprecherebbe per dar rilievo a tutto questo dovresti sottrarlo all’essenza del sopravvivere e così indebolirla. Lo impari presto. Ma questo viene dopo, con il tempo. All’inizio", prosegue Quirico, "pensi solo disperatamente a una cosa: cosa stanno facendo l’esercito, i miei cari, gli altri per liberarmi? Questo è il ricatto più perverso e diabolico di un sequestro: rovesciare cioè le parti, capovolgere la colpa. La tua vita dipende non da coloro che ti hanno rapito, ma da quelli che soffrono per te. Dove sono? Perché non vengono? A poco a poco cominci a odiarli più che i tuoi carcerieri".

 

 

I rapiti di Hamas, sostiene il giornalista, "sanno chi sono coloro che li detengono, conoscono le storie degli israeliani prigionieri degli islamisti: ombre di cui non si hanno notizie per anni, dei negoziati per riportare a casa cadaveri".  E così, "abbandonato in una botola, da tutti gli angoli il vuoto comincia a strisciarti attorno. Non verranno... ma cerchi con il lumicino di fragili ragionamenti, Israele non abbandona i suoi e i governi arabi amici medieranno... cerchi di illuminare le ombre, i fuochi fatui di te stesso". Conclude Quirico: "Immagino che gli sventurati prigionieri di Gaza sentano nei tunnel dove sono stati nascosti il fragore dei bombardamenti con cui Israele sfoga la sua voglia di reagire, per non mostrarsi impotente di fronte all’offesa sanguinosa. Sentono il sibilo degli aerei così vicini che sembrano sopra di loro. Con il passare dei giorni ti abitui a quel rumore e non hai più dubbi che nulla abbia a che fare con te".

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