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Stefano Ricucci, truffa milionaria con le password rubate

Chiara Pellegrini
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Avrebbe rubato «le password di un computer, falsificato una firma e messo in atto una truffa da quasi due milioni di euro». L’imprenditore romano Stefano Ricucci assieme all’ex commercialista Luigi Gargiulo, come anticipato ieri sulle pagine del quotidiano La Repubblica, tra gennaio e maggio del 2016 avrebbe raggirato Marco Cioni, liquidatore societario, modificando le cifre della procedura di concordato preventivo per evitare il fallimento societario della Magiste Real Estate Property, di cui era proprietario l’imprenditore romano. Ricucci, forte del proprio aforisma da gentleman di Eaton «ma che volete fa' i froci con il c... degli altri»- avrebbe, secondo l’accusa, approfittato di uno stato di indisposizione di salute del liquidatore all’epoca dei fatti uomo di fiducia dell’immobiliarista, tanto da cooptarlo negli anni della tentata scalata al Corriere della Sera, sia pure senza diritto di voto, nel consiglio di amministrazione di Magiste.

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Cioni, infatti, martedì mattina, ascoltato dai giudici del Tribunale penale di Roma, avrebbe fornito la sua versione dei fatti raccontando del presunto furto delle password nei giorni in cui si trovava ricoverato in ospedale per una frattura procurata sciando in montagna. Ricucci, scrive Repubblica, assieme a Gargiulo avrebbe modificato le cifre del concordato preventivo – procedura utilizzata per evitare il fallimento quando un debitore è in stato di insolvenza – per poi inviare il tutto tramite la pec aziendale utilizzando le password del Cioni. Una presunta furbettata degna del quartierino ripetuta anche quattro mesi dopo, nell’atto di cessione stipulato sempre tra la Magiste Real Estate Property e la Trader srl, che avrebbe fruttato un copioso sconto. Poiché Magiste Real Estate Property di Ricucci, che secondo l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto versare 1,6 milioni di euro, grazie a due manomissioni avrebbe ridotto la cifra prima a 600mila euro infine portando a 100 mila il credito di 220 mila euro previsti. Dell’ex odontotecnico di Zagarolo (Roma) le cronache ricordano una doppia versione: la ribalta finanziaria con la scalata a Rcs e la cronaca rosa. Il matrimonio faraonico nel 2005 a Porto Santo Stefano con Anna Falchi alla Cacciarella che villa che fu fatta costruire nel 1940 da Carlo Feltrinelli, trentaquattro stanze un parco di 266mila ettari con torre saracena del Quattrocento, eliporto e discesa privata al mare che Ricucci acquistò da una società offshore con sede nel Lichtenstein. Schiaffi finanziari e il tentativo di camuffare le ruvide origini che al parvenù figlio di un autista dell’Atac non sono mai stati forse perdonati.

 


Dai Castelli romani a Piazza Affari il salto è grosso. Odontotecnico all’Istituto Eastman, il giovane Ricucci poco dopo assume cinque dentisti che paga a percentuale in due studi che apre alle porte di Roma, a San Cesareo e a Palestrina. «A 23 anni fatturavo già 6 miliardi», sintetizzava Ricucci. Dai denti ai palazzi il passo è breve. Incurante del titolo di “palazzinaro”, vende un terreno ereditato dalla madre e acquista appartamenti. Un affare che, secondo quanto raccontato da lui stesso, frutterà 249 milioni, la prima succosa plusvalenza, visto che poi riesce a vendere gli immobili a 376 milioni. Decollano gli affari. A 27 anni fonda Magiste (società che prende il nome dalle prime lettere dei suoi genitori, Matteo e Gina e dal suo). I primi guai arrivano con il pignoramento della società di costruzione Cosport: cade e si rialza, molla le campagne e investe sul mattone a Roma. Centri commerciali, appartamenti e immobili di lusso. Nel 2001 mette piede nel salotto buono della finanza, è Emilio Gnutti a vendergli i suoi immobili per 340 miliardi.

 


Acquista una quota in Hopa e il 5% di Investimenti Immobiliari lombardi e una partecipazione in Banca Valori. Lievita il portafoglio mette le mani su Capitalia e Bnl. Non solo, nel suo portafoglio entra anche il 4,99% della Popolare di Lodi. Sotto i riflettori, l’immobiliarista dà inizio ai “raid” su Capitalia e Bnl (arriva fino al 5% di via Minghetti e al 3,6% di via Veneto). Fino alla scalata al Gruppo Rcs, che controlla il Corsera, di cui era arrivato a possedere il 20% delle azioni. Ricucci finisce indagato per aggiotaggio. Per la scalata Bnl-Unipol (2011) il tribunale di Milano lo condanna in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione più 900mila euro di multa per la scalata BNL-Unipol. Nel dicembre 2013 la Corte d’Appello lo assolve in quanto il fatto non sussiste. Sentenza confermata dalla Cassazione nel maggio del 2015. Ricucci, quindi, sposta l’attenzione nel real estate di lusso, acquista immobili tra Londra e Montecarlo, fino all’arresto nel luglio del 2016 per un giro di fatture false da un milione di euro. Il 6 dicembre dello stesso anno viene condannato a tre anni e quattro mesi di carcere con rito abbreviato e il 31 maggio 2017 viene scarcerato. Adesso i nuovi guai giudiziari.

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