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Eco-attivisti, l'ultima follia ambientalista: ora odiano anche i golfisti

Tommaso Lorenzini
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Gli invasati del clima hanno individuato un nuovo nemico: il golfista. Facendo rima con ecoterrorista, ecco pronto uno slogan con il quale andare all’assalto del nuovo pericolo per l’ecosistema mondiale. È successo in occasione della Ryder Cup a Roma, si è ripetuto in un golf club di Cervia, dove alcuni attivisti vestiti da dinosauri marchiati coni loghi di famose pompe di benzina hanno interrotto un torneo tra dirigenti dell’industria fossile. Le motivazioni (ormai note per gli slogan “carbone uguale guerra”, “state uccidendo il pianeta” etc) per quanto nobili nelle intenzioni, diventano comiche quando si scopre che i manifestanti erano provenienti da Belgio, Croazia, Francia, Germania, Italia, Slovacchia, Spagna e Ungheria. Saranno venuti a piedi o in bicicletta?

Se dunque è vero che in passato la costruzione dei campi da golf non inseriva criteri di attenzione all’ambiente ai primi posti, rendendo scontate le accuse di mangiare territorio, energia e risorse come l’acqua, nel corso degli ultimi decenni tanto è cambiato, incontrando proprio i presupposti di sostenibilità per i quali gli ambientalisti strepitano. Il volume Biodiversità nei percorsi di golf italiani: habitat e specie di importanza comunitaria (Uccelli) presenti nei circoli di golf italiani (di Marta Visentin e Alberto Sorace), spiega che «in Italia sono presenti circa 300 campi da golf al cui interno è vietata la caccia e dove l’accesso al pubblico è in genere limitato ai praticanti. Si tratta quindi di un ampio territorio che riveste un ruolo positivo per la protezione della biodiversità».

 

 

Tanto che uno studio su 46 campi ha mostrato la presenza di 41 specie a priorità di conservazione e individuate 107 specie nidificanti possibili. Questo perché, come spiega la Federgolf, in ambienti fortemente urbanizzati come la Pianura Padana i campi diventano polmoni verdi (trattandosi di aree completamente vegetate di estensione media pari a circa 60 ettari), caratterizzati da boschi e laghi artificiali (fondamentali per la raccolta dell’acqua piovana), aree di rifugio perla fauna selvatica. La stessa Federgolf, dal 2014 porta avanti il progetto Biogolf, che mette allo stesso tavolo Federparchi, Fondazione Univerde, Golf Environment Organisation e Legambiente «per la formulazione di una nuova alternativa nell’ambito del golf ecocompatibile e sostenibile». Premiando i circoli più virtuosi nelle iniziative ecologiche. Alla faccia degli ecoterroristi.

 

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