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Elly Schlein contestata in casa: se anche il padre la boccia su Gaza

Antonio Castro
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«Tutti parlano della soluzione dei due Stati. Anche Elly, ma io le ho detto: ci credo poco. Implicherebbe una strutturazione delle relazioni e un riconoscimento istituzionale che una parte della società araba non può accettare». Melvin Schlein, professore in pensione di scienze politiche è tornato ieri alla ribalta più come padre del segretario del Pd, Elly (“Elenina” la vezzeggiano in famiglia), che per i suoi preveggenti studi sfociati in un visionario dottorato, negli anni Ottanta, “sulla riunificazione delle due Germanie”. Preveggenza che letta con la consapevolezza dei nostri giorni, e riavvolgendo il filo della storia degli ultimi 40 anni, potrebbe valere al Prof Mel l’ennesimo attestato accademico. Qualcuno l’ha rimosso ma all’inizio degli anni Ottanta la sola ipotesi di una riunificazione delle due Germanie rappresentava un azzardo seppur accademico. Quanto meno una mera ipotesi assai remota.

SBERLE TRA USA E URSS
Il muro di Berlino era ancora in piedi, ben saldo. L’ex Urss spadroneggiava giusto ai bastioni dell’Europa ancora più traballante di quanto non sia oggi. E Mosca con gli Usa se le davano (metaforicamente e a distanza) di santa ragione. A rileggere la tesi del dottorato sulla riunificazione del Professor Mel c’è da fargli a distanza di anni i complimenti. L’attacco brutale del 7 ottobre, i migliaia di morti («da entrambe le parti», scandisce), fanno propendere per un cupo pessimismo. Eppure... eppure la sinistra italiana, non tutta, non sempre, deve ancora fare i conti con una sorta di “doppio standard”. Pronta a partecipare al lutto per gli oltre 1.400 ebrei massacrati dai miliziani di Hamas. Un po’ più tiepidi nel chiedere la liberazione immediata degli oltre 200 ostaggi detenuti nel formicaio sotterraneo costruito nella Striscia di Gaza.

 

 

Il professor Schlein - intervistato per il supplemento domenicale del Corriere del Ticino - non ci sta a giudicare più «tiepido» di altre sinistre europee (tedesca, inglese) il Partito democratico guidato dalla figliuola nel distanziarsi da Hamas. «Non è vero. C’è stata e c’è una ferma condanna». Anche se ammette che «una certa parte della sinistra» a causa di posizioni post-colonialiste «purtroppo ha finito per unirsi alle file dell’antisemitismo storico, quello di destra che è sempre lì, non se n’è certo andato. È un male che ci portiamo dietro, sempre pronto a risvegliarsi e ora ha trovato nuova forza». Quel “connubio perverso” che porta a far sfilare le bandiere palestinesi insieme a quelle del Pd, come a Trieste, come a Monfalcone, come l’altro ieri a Milano.

Oltre alle brutte notizie dal fronte mediorientale che non accennano a migliorare, a preoccupare il professore sono anche le manifestazioni di antisemitismo più vicine, nel cuore dell’Europa. «Anche questa purtroppo non è una novità, ma la frequenza degli episodi e i numeri che arrivano ad esempio dalla Francia fanno impressione» fa di conto. Sono anni che in Francia (una delle comunità ebraiche più numerose d’Europa), l’escalation di atti di anti antisemiti ha portato ad un deflusso importante e costante di francesi di origini ebraiche in Israele. A Tel Aviv un intero quartiere parla parigino. Non francese. L’accento è proprio parigino. Una scelta di “ritorno a casa” (la facoltà per chi è di origine ebraica di chiedere il ritorno in Israele, “Aliyah” in ebraico), che diventa spesso una necessità. O, quantomeno, la preparazione di una via di salvezza. Di fuga.

 

 

VIA DI FUGA
Forse andrebbe spiegato un po’ meglio ai ragazzini che sfilano nei cortei universitari che urlare Allah Akbar indossando la kefiah bianca e nera che sgolarsi gridando dal «Mare a Giordano» sottintende l’annientamento di Israele come Stato. La cancellazione di una entità. Da ex kibbuzzin (negli anni ’70 fece parte dei primi coloni di Nahal Oz, solo a pochi chilometri da Gaza («dormivamo con i mitra sotto al materasso»). Il professor Mel ricorda che «Elly ha invocato con forza la tregua umanitaria. Non ci vuole un esperto per capire che una decina di comandanti di Hamas uccisi non valgono migliaia di vittime civili, il prezzo dell’operazione militare è sproporzionato e per Israele è un errore strategico». Però alla semplificazione di chiudere oltre mezzo secolo di scontri con la semplificazione «due popoli, due Stati» il professor Melvin Schlein proprio non riesce a crederci. 

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