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Generale Vannacci, il parente senegalese: la scoperta cambia tutto

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In attesa di una possibile candidatura alle Europee 2024 (chissà, con la Lega), il generale Roberto Vannacci prosegue il suo tour promozionale in giro per l'Italia del suo libro Il mondo al contrario, da agosto il caso editoriale dell'anno con 230mila copie vendute, un pamphlet autoprodotto e politicamente scorretto che si è trasformato in straordinaria campagna elettorale. 

Tra qualche ora sarà a Piacenza e lo storico quotidiano locale La Libertà lo intervista permettendogli di snocciolare qualche altra perla. "Il polverone è stato alzato da qualcun altro - si difende, quasi sminuendosi -. Se avessi concepito un piano del genere e avessi ottenuto questi risultati, dovrei essere annoverato tra grandi strateghi della storia, cosa che evidentemente non sono". E ancora: "Non credo di detenere alcuna verità assoluta, né di rappresentare la maggioranza. Moltissimi però si sono comunque riconosciuti in quello che ho scritto: forse perché lo pensavano anche loro, ma ritenendolo sconveniente e troppo 'ruvido' non avevano mai espresso quel pensiero". Anzi, quei pensieri, i "più comuni di una fetta della società" su omosessualità, ambiente, immigrazione, la famiglia e il ruolo della donna.

 

 

 

Ribadisce la tesi su Paola Egonu i cui "tratti somatici non rappresentano l’italianità" ("Se andassi in Giappone e avessi il passaporto giapponese, allo stesso modo nessuno mi prenderebbe per giapponese, proprio per il mio aspetto caucasico. Nessuna discriminazione, né implicazioni razziste", sottolinea il generale) e sugli omosessuali ("Mi limito a constatare che la normalità è solo una questione statistica: chi è incluso nelle minoranze, soprattutto se ristrette, non può considerarsi 'normale'. Chi palesa abitudini o tendenze ampiamente minoritarie, non è normale. Ma sottolineo che la normalità non è né buona né cattiva: è solo un dato statistico". 

 

 

 

Rifiuta la categoria dell'inclusione perché "le differenze sono il sale della vita, credo che ognuno di noi per una questione identitaria voglia e debba rimarcare le differenze", non vuole un Italia in cui siano "tutti omologati, destrutturati, amalgamati in una stessa entità". Soprattutto, considera una "bestialità" l'etichetta di razzista che gli hanno incollato addosso: "Ho passato la mia vita a combattere fianco a fianco con persone dalla pelle scura, che non erano della mia etnia. Ho anche un lontano parente acquisito di origine senegalese cui sono particolarmente legato… Insomma, chiedo di essere giudicato per le mie azioni e non per i pensieri. Nel mio agire e nel mio vivere non c’è traccia di azioni xenofobe, omofobe, misogine".

 

 

 

Semplicemente, chiede il diritto di "non guardare il mondo attraverso un prisma uguale per tutti: lasciatemi libero di criticare e di esprimere le mie idee, sempre rimanendo nel perimetro della legalità, senza offendere nessuno. Voglio essere libero di dire anche cose sbagliate, sciocchezze che si possono buttare nella stanza delle scope". Soprattutto, "dire cose sbagliate non è e non può essere un reato: vogliamo mettere in carcere tutti quelli che pensano che la Terra sia piatta?". 

 

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