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Chiara Ferragni, figuraccia mondiale: cosa appare sulla stampa straniera

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Claudia Osmetti
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È stata (continua a esserlo) la notizia della settimana. Ma attenzione: mica solo in Italia. Ché sì, è tutto zucchero a velo del nostro sacco: italiana la protagonista, l’influencer Chiara Ferragni; italiano il prodotto, il pandoro; italiana la beneficenza e italiano pure l’ospedale coinvolto, il Regina Margherita di Torino. Epperò nel mondo iper-connesso, nel quale basta un computer per sapere quel che avviene a centinaia di chilometri di distanza, alla fine è sufficiente poco per far circolare ogni cosa. Incluse le polemiche.

Incluse, non ne parliamo, le figuracce. Se, poi, a farle è un brand, quello Ferragni, conosciuto e riconosciuto anche all’estero, il piatto (del dolce natalizio al retrogusto irresistibile di scalpore) è servito. Nelle rassegne stampa di Francia e Inghilterra, di Spagna e Stati Uniti, di Germania e Olanda e di una lista che rischia di essere lunga quanto il catalogo di Leporello nel Don Giovanni di Mozart, si discute di più del cine-pandoro con l’occhietto azzurro stampato sulla confezione che del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, senza l’Italia di Giorgia Meloni. Aprire, a casaccio, uno qualsiasi dei principali giornali europei (o nordamericani) per credere.

 

E cioè aprire (tanto per fare un esempio) il tedesco Der Spiegel, che non è esattamente una rivista scandalistica ma il settimanale con la maggiore tiratura di Berlino e dintorni, quantomeno nell’edizione on-line, per rileggere l’intera vicenda, dall’Antitrust fino al video con la tuta grigia. Oppure aprire lo spagnolo El Pais, 2,1 milioni di lettori e più di 457mila copie giornaliere vendute: idem. O ancora El Mundo, per restare a Madrid, che informa i suoi 300mila lettori di come Ferragni sia stata «multata per la sua falsa campagna di beneficenza» e «accusata di pratiche commerciali scorrette».

Discutono del “caso Ferragni” il Faz di Francoforte e Le Soir di Bruxelles; l’Indipendent di Londra e addirittura Le Figaro di Parigi; il De Telegraaf di Amsterdam e il Público di Lisbona (di cui, tra l’altro, ha una quota anche il gruppo editoriale L’Espresso); e come se non bastasse il “Pandoro Pink Christmas” non passa sotto silenzio nemmeno oltre oceano. Rilancia, infatti, lo scandalo il National Post, che è il principale quotidiano canadese, col titolo: «La fashion influencer italiana si scusa per problemi di comunicazione nella beneficenza e viene multata per un milione di euro».

Fa altrettanto il Washington Post, probabilmente uno dei quotidiani più famosi del pianeta, quello del Watergate, e lo fa con un articolo più o meno simile ai colleghi di Toronto. Fa lo stesso, e questa sì che uno non se l’aspetta, persino la multinazionale della comunicazione di New York Bloomberg, che è specializzata nel settore economico e finanziario, non certo nel maremagnum dei pettegolezzi, men che meno di quelli internazionali.

E infatti la buttano sul portafoglio, a Bloomberg. Però la buttano, sottolineando non tanto l’antefatto quanto le conseguenze, ossia che «l’azienda di occhiali Safilo ha appena concluso un accordo con l’influencer Ferragni, coinvolta in una controversia sulle donazioni di beneficenza». Ci sono le agenzie (l’Associated press e la Reuters), ci sono i siti e le televisioni (una su tutte: la britannica Bbc), e ci sono anche i social. Gli onnipresenti social. Non quelli di Ferragni, ma quelli dei quotidiani e dei settimanali e dei giornali e delle emittenti, nel vecchio e nel nuovo continente, coi loro tweet su Xe i loro post su Facebook e le loro storie su Instagram. Il Mes e la ratifica (italiana) che non viene approvata? Sì-vabbè-magari-ne-riparliamo-sai-che-scandalo. Chiara Ferragni e il pandoro Balocco? Fa il giro dell’editoria occidentale. Niente, va così. Tocca solo prenderne atto.

 

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