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Ultima generazione in Parlamento? Luca Mercalli, la dritta al "partito verde"

Claudio Brigliadori
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Quelle degli eco-vandali? Ragazzate. Anzi, meglio: Mercallate. Non prendetevela con i giovani di Ultima generazione, che versano vernici sui monumenti nazionali, e neppure con quelli di Extinction Rebellion che sversano coloranti direttamente nelle acque di Venezia o nel Tevere. Parola di Luca Mercalli, meteorologo molto mediatico, ospite quasi fisso di Fabio Fazio a Che tempo che fa e firma “green” del Fatto quotidiano, che per loro auspica addirittura un futuro in politica: «Non hanno un programma concreto, per fare qualcosa dovrebbero sedersi in Parlamento. Che facciano un partito loro». Alè.

Intervistato dalla Stampa, l'esperto con il papillon è uno dei più convinti assertori italiani del cambiamento climatico indotto dall’uomo e dell’impatto determinante dell’inquinamento sul surriscaldamento globale. Per questo, spiega, tutto quello che i governi stanno predisponendo a partire dalle varie “Cop” è troppo poco. Di più, è «come dare delle tisane a un malato di cancro».

 

 

 

Proprio alla luce di una teoria così apocalittica, sfugge il suo sostegno alle “performance” tanto eclatanti quanto superficiali dei vari gruppi di eco-gretini. «Non riesco a biasimarli per le loro azioni di protesta. Che poi in realtà non hanno mai rovinato niente, hanno tutti contro ma non hanno fatto danni. E i writers allora? Vedo treni e muri completamente ricoperti di putt***te, ma per gli eco-vandali valgono pesi e misure completamente diversi».

Le varie amministrazioni locali che si sono trovate a dover porre rimedio ai loro blitz qualcosa da obiettare ce l’avrebbero pure. Milano, per esempio: ci sono voluti 7 mesi per ripulire la statua di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo, imbrattata con vernice gialla lo scorso marzo. Costo dell’intervento: 30mila euro, donati gentilmente al Comune dalla società Vox Media.

 

 

 

Stessa storia a Firenze: il sindaco Nardella era intervenuto personalmente, con tanto di improperi, placcando uno degli attivisti che avevano appena sporcato la facciata di Palazzo Vecchio. «Danni per 30mila euro e 2.500 litri d’acqua sprecati», aveva denunciato il primo cittadino Pd. Ne sanno qualcosa anche al Senato, dove l’attacco a Palazzo Madama ha causato un esborso di 55mila euro.

Noccioline? Forse, ma di sicuro uno spreco evitabile. Anche perché il ritorno in termini di pubblicità positiva è decisamente limitato. «A queste manifestazioni manca efficacia comunicativa», riconosce lo stesso Mercalli, «ma non hanno ucciso nessuno. Lo stesso giorno di un loro sit-in, gli operai dell’Ilva bloccavano l’autostrada, ma nessuno se l’è presa veramente». Forse, ipotizziamo, perché quello di Taranto viene percepito come un dramma sociale e politico mentre il “climate change”, affrontato in questo modo, sembra solo un diversivo per ragazzini annoiati. Sbagliato, certo, ma proprio per questo servirebbe un movimento d’opinione più organizzato e maturo, capace di incanalare la pur giusta indignazione per il tema-ambiente in codici di mobilitazione più comprensibili a tutti. Impedire a cittadini e lavoratori di recarsi in orario a scuola, in ufficio o in fabbrica non sembra esattamente lo strumento più funzionale per attirarsi simpatie e sostegno.

 

 

 

«La rotta non si inverte più, il danno climatico è irreversibile e ce lo terremo per migliaia di anni», sentenzia Mercalli. «C’è un limite di una decina di anni davanti a noi per intervenire, dopodiché, se non lo si farà davvero, non ci sarà l’apocalisse, ma sarà terminato lo spazio di cura e la traiettoria non potrà più essere deviata». E se il tempo stringe, perché perderlo a tirare secchiate di vernice?

 

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