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Massini insultato a Torino da un pensionato. E la sinistra fabbrica un martire al giorno

Stefano Massini

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Le avvisaglie annunciano Apocalisse. La “Tendi -Fada” (scrivono i quotidiani inglesi) universitaria pro -Gaza; e gli attentati a scrittori famosi; e l’opinione pubblica manipolata come ai bei tempi dell’Ovra;  e il Guardian che denuncia una «politica della democrazia illiberale». Dalle suddette avvisaglie si percepisce lo strano fenomeno- gli psicologi la chiamano sindrome di fantasia compulsiva - che in questi giorni ci insuffla la sensazione di vivere in una realtà parallela, anche se non siamo del Pd.

Procedendo ad un’affaticata rassegna stampa tra i principali quotidiani, tv, web e social oggi si profila un’unica cangiante narrazione. Nell’anno II° dell’era fascista georgiana, Giorgia Meloni in camicia bruna vestita come Ilsa la belva delle SS, si aggira per le strade della repubblica allo scopo di eliminare subdolamente gli avversari, silenziare le voci del dissenso, preparare il campo allo sterminio culturale. Siamo evidentemente al crepuscolo di Weimar. Ti distrai un attimo e ti ritrovi in Fatherland di Robert Harris. Eppure bastava osservare l’iperattività della fabbrica – anzi della fabbrichetta che produce martiri del regime a ritmo giapponese.

L’ultimo martire, per dire, è, inconsapevolmente, il bravo drammaturgo Stefano Massini. Mentre, al Salone del libro, presenta il Mein Kampf (giustappunto) Massini viene insultato e strattonato da un vecchio che sibila: «Hitler aveva ragione: voi comunisti riscrivete la storia. Ma ora finalmente possiamo dire la verità».

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