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"Mutandance", un successo: l'ironia vincente dell'uomo in mutande

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Simona Bertuzzi
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Da qualche giorno sui manifesti del marchio Intimissimi campeggiala Mutandance di un signore con pancetta prominente e boxer colorati che accenna un passo di ballo appeso a un palo di lapdance. Al prezzo di 9.90 euro promette boxeroni sostenitivi che non segnano e «danno spettacolo per tutte le occasioni». Si potrebbe sorvolare sostenendo che una pubblicità di mutande non sia il meglio per riflettere dei massimi sistemi della vita. Tuttavia il signore discinto dalla cintola in su, che sorride divertito della sua non sensualità e della sua barba da boscaiolo temerario, non solo sdogana la bellezza dell’uomo robusto e ìrsuto ma sembra essere la sintesi perfetta dell’autoironia di cui gli uomini abbondano e molte donne sono carenti. Il non pensare che il proprio corpo debba essere vincolato a tutti i costi a una taglia 42, e l’estetica stessa agganciata al giudizio degli altri, è un concetto cui le donne fingono di essere arrivate dopo secoli di frustrazioni ma che non hanno mai colto fino in fondo. Ci autoconvinciamo che il peso non conti e ingaggiamo giuste battaglie contro il body shaming che imperversa sui social e ci fa rabbrividire. Ma la prima cosa che notiamo nella vicina di casa, e vorremmo amputare di noi stesse, è il rotolino di troppo che d’estate si palesa allo specchio.

LA VITA SECONDO I MASCHI
Il maschio tendenzialmente se ne fotte. Eccezion fatta ovviamente per chi soffre di disturbi psicologi quali l’anoressia o vigoressia (l’ansia di farsi i muscoli) che però attengono alla sfera delle patologie - e per quella percentuale di 30/40enni che passa dall’estetista alla palestra con la leggerezza di un fauno, un uomo bada all’eleganza e al bell’aspetto ma non si ammazza se ha un filo di pancia. La mutandance del signore di Intimissimi diventa banalmente la rappresentazione plastica di come un uomo si rapporta alla vita. Alleggerendo. Sfrondando. Semplificando fino a diventare basico e dunque sopravvivere alle intemperie e agli schiaffi. Mentre la donna per definizione complica e mette la zavorra. Parla fino allo sfinimento e poi nasconde. E se intende liberarsi degli stereotipi in cui si è sentita oppressa per troppo tempo, lo annuncia, lo grida, come è accaduto nelle recenti campagne pubblicitarie dei marchi di bellezza che puntavano a un ideale più naturale e omnicomprensivo, ottenendo esattamente l’effetto opposto.


Ovviamente è bene puntualizzare. Se l’uomo se ne fotte un tantino dell’estetica è perché le donne apprezzano i difetti e la panza, quella rotondità che rassicura e rende l’abbraccio e l’afflato assai più vivo e paterno. A differenza degli uomini che esigono solo donne filiformi e culi sodi. Ma di base c’è che l’autoironia e la leggerezza a molte signore non piace. Non è un caso che le battaglie più dure degli ultimi anni siano state ingaggiate da femministe che si incazzano per la qualunque e pensano che tutto sia prevaricazione e svilimento dell’essere femminile.

COLPA DEL PATRIARCATO?
Qualcuno a questo punto potrebbe dire che è colpa del patriarcato se siamo diventate pesanti. Anni e anni di oppressione domestica ci hanno costrette in un ruolo da gheishe che ha ucciso lo spirito e la risata facendoci sentire mai abbastanza adeguate, mai abbastanza preparate, mai abbastanza belle. E soprattutto succubi dell’uomo. La verità è che ogni giorno che passa il patriarcato impallidisce sotto i colpi di una giusta rivoluzione femminile che mette le donne nei posti del potere e le rende sempre più autonome e performanti. Ma restiamo agganciate a uno stereotipo di femminilità che si autoalimenta dell’ossessione dell’apparire. Sono bella dunque sono. Negli anni Ottanta c’erano le bellone bionde stile barbie. Negli anni Novanta la magrezza che rasentava l’anoressia. Negli anni Duemila le rifattone, le punturinate nelle labbra, nelle cosce, nella fronte, al punto di annullare la personalità e le differenze.Il livellamento dei corpi.

Dicono gli psicologi che in una società di massa, posseduta dal demone della bellezza e dell’immagine corporea, dove tutto è riducibile a una bombardamento di clic e mi piace, l’essere in forma è imperativo categorico. L’assunto della pubblicità di Intimissimi è che conti di più l’ironia. La sana risata che stempera gli umori e i difetti. In questo gli uomini sono bravissimi. Anche per il padre della psicologia, Sigmud Freud, in fondo, ridere era lo stratagemma per sublimare un’energia che altrimenti sarebbe rimasta inespressa e, quindi, repressa. E perla psicologia moderna ridere è una possibilità di reagire in modo costruttivo ai problemi, in modo da ridurne l’effetto negativo. Sicuramente la Mutandance dell’uomo panzone fa sorridere e offre una via di uscita. E questo basta a renderlo vincente.

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