N. Non c’è bisogno di aggiungere altro. N come Napoleone. N come Napoleonica, l’asta di Sotheby’s che si è aperta due giorni fa a Parigi con 112 cimeli dell’imperatore dei francesi. Un evento straordinario, costruito intorno alla collezione di Pierre-Jean Chalençon, il più celebre e instancabile cultore del mito napoleonico d’Europa. Quattro decenni di caccia ai ricordi del generale corso si condensano ora in un catalogo che è molto più di un elenco di lotti: è una rievocazione minuziosa, quasi teatrale, della vita, del potere e della leggenda di Bonaparte. Il percorso espositivo si chiuderà tra cinque giorni, ma l’interesse per i suoi contenuti è destinato a durare a lungo.
Tre dei pezzi in mostra sono stimati su richiesta, un modo elegante per dire che il loro valore si colloca oltre il tetto delle cifre ufficialmente esibite. Il primo è un dipinto di Edouard Detaille del 1908, “Bonaparte in Italia”. Il secondo è un trono imperiale, imponente anche perla sola “N” dorata sullo schienale, simbolo fisico di un potere che voleva essere eterno. Il terzo è un ritratto preparatorio per l’incoronazione, opera di François -Pascal -Simon Barone Gérard, il cui lavoro fu superato solo dalla celebre versione di Jacques-Louis David. Ma l’oggetto più conteso – e forse più evocativo – è il celebre bicorno, il cappello di feltro che Napoleone esibiva “en bataille”, con le ali parallele alle spalle. Realizzato tra il 1805 e il 1809, porta ancora la coccarda rivoluzionaria e ha una stima che oscilla tra i 500mila e gli 800mila euro. Tra i pezzi più significativi pure il primo codicillo del testamento, scritto di suo pugno nel 1819 e firmato semplicemente “Nap”: 500mila euro.
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Un po’ di Re Sole, un pizzico di De Gaulle, una spruzzata abbondante di Flaubert e tanta, tanta considerazione di ...Accanto, due simboli della sacralità imperiale: una spada e un bastone da araldo utilizzati nella cerimonia di incoronazione a Notre Dame (400mila euro). La sezione “memorabilia” offre invece uno sguardo più intimo e quotidiano. C’è il sigillo personale in oro ed ebano con lo stemma imperiale, prelevato dalla portantina usata nella notte di Waterloo: 250mila euro. C’è una Grande Aquila d’argento della Legion d’Onore (200mila euro), e ci sono testimonianze della vita familiare, come il contratto di matrimonio con Maria Luisa d’Austria ole copie dell’atto di nozze e della sentenza di divorzio da Giuseppina, che insieme valgono oltre 300mila euro. Colpisce un foglio scarabocchiato (forse) da Napoleone e recuperato nel 1806 da un cestino della carta straccia alle Tuileries: 8mila euro. Una ciocca di capelli, a lui attribuita, costa 6mila.
Gli abiti raccontano un’altra pagina della sua vita: quella in esilio. Una camicia da notte, calze, boxer e cravatta di seta bianca hanno una stima complessiva di 80mila euro. Stessa valutazione per il corredo del figlio, il Re di Roma: un abitino, babbucce e telo in seta. Seguono reliquie da campo: una manica del cappotto da primo console, un pezzo di quello indossato a Marengo, e un fazzoletto Madras: tutti intorno ai 30mila euro. Una scheggia della bara di mogano: 15mila euro.

Per lo storico dell’arte, professor Roberto Nicolucci, non c’è confronto possibile: «Si tratta di un mito che non accenna a perdere quota. Bonaparte non si batte: nessun altro personaggio, antico o moderno, ha lo stesso potere attrattivo. E se le realtà e le leggende che lo riguardano mantengono una vasta platea di affezionati è anche perché l’arte e la letteratura, il cinema e la fiction non hanno mai mollato la presa su Napoleone». Nicolucci rimarca anche il suo impatto culturale e politico: «Tutta la grande arte europea di primo ‘800, da David al nostro Canova fino a Beethoven (che a lui dedicò, salvo pentirsene, la Terza Sinfonia), finisce per incocciare sudi lui. La grande letteratura, da Stendhal al Tolstoj di “Guerra e pace”, spalanca note in margine alle sue gesta.
Senza dire delle spoliazioni che, tra il 1796 e il 1815, mise in atto nei territori conquistati. Tante opere del Louvre, senza dire della Pinacoteca di Brera a Milano, sono frutto delle mire napoleoniche sul nostro patrimonio. Qualcuno parlerà, senza troppi giri di parole, di furti d’arte». Anche Carlo Miccichè, autore del libro “Essere Napoleone”, non ha dubbi: «Il valore simbolico che Bonaparte ancora sprigiona è indiscutibile e riconoscibilissimo, a prescindere da tutte le rivisitazioni e i ripensamenti sulla storia che stanno avvelenando la nostra epoca. Però Napoleone vola sempre più alto».

Lo scrittore paragona il genio della rivoluzione francese a una figura mitologica: «Napoleone è come Prometeo. Ha realizzato cose impensabili in un’epoca in cui il rango e l’aristocrazia dettavano i destini del mondo. Quello che ha fatto lui, un “coatto” della Corsica che ha imparato a parlare francese dopo i vent’anni, rimane qualche cosa di irripetibile». Il suo volume – già alla seconda edizione – esplora la fortuna del mito di Ajaccio dai romanzi alle serie tv, fino ai videogame. Un racconto che non ha mai smesso di affascinare. Ed è proprio questo il punto. Dal 5 maggio 1821 ad oggi, 20 giugno 2025, sono trascorsi 74.556 giorni. In questo arco di tempo sono nate 200mila opere ispirate alla figura dell’Empereur: quasi tre ogni giorno. Non c’è bisogno di aggiungere altro.