Pierluigi Pardo si confessa: "Le mie 48 ore tra Boss, Inzaghi e Palio"

di Paolo Macartimercoledì 2 luglio 2025
Pierluigi Pardo si confessa: "Le mie 48 ore tra Boss, Inzaghi e Palio"
3' di lettura

Il sogno lungo un giorno di Pierluigi Pardo, fantasista del microfono, ha avuto tre incredibili tappe racchiuse in 24 ore: San Siro per Bruce Springsteen, poi la telecronaca notturna di Manchester City-Al Hilal, infine Siena per il Palio di stasera. Altroché Maratona Mentana.

Pierluigi, subito il reportage della follia, prima che tu chiuda gli occhi.
«Sono state 24 ore che ricorderò per sempre, a cominciare dal concerto del Boss che ho visto fianco a fianco del mio amico Ambrosini».

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Perché Springsteen?
«Perché rappresenta un qualcosa che va oltre il rock, è una partecipazione popolare a uno show pazzesco».

Dì la verità, al Boss invidi il fisico.
«Assolutamente: alla sua età canta per tre ore e in quel modo. Un’energia senza fine».

Da quanto tempo fai parte del popolo di Springsteen?
«Sono un fan vero. Avrò assistito a una decina di suoi concerti, i più belli al Circo Massimo di Roma e a Londra. Lui è un trascinatore. Nel 1985 a San Siro non c’ero, avevo 11 anni».

Anche Ambrosini stravede?
«Va pazzo per Bruce, mi ha raccontato che avrà visto 40 suoi concerti!».

Le tre canzoni di Springsteen che porteresti sull’isola deserta?
«Sicuramente Bobby Jean, un inno all’amicizia che adoro. Poi Thunder Road che narra di un viaggio dove i sentimenti vengono a galla. E poi Jungleland, canzone strana che mi ha colpito sin dal primo ascolto».

Era mezzanotte quando le luci di San Siro si sono spente...
«Sono andato a cena: spaghettino strategico notturno che, stavolta, ho divorato senza colpe perché tre ore dopo dovevo essere in forze davanti a un microfono per raccontare Manchester City-Al Hilal».

Dopo un paio di caffè, hai raccontato di Inzaghi che si è messo in tasca Guardiola.
«Una partita incredibile nella quale Simone ha santificato i concetto di ripartenze ricalcando tatticamente la stoica semifinale dell’Inter contro il Barcellona».

Ripartenze? Non è meglio usare il termine catenaccio?
«No, e ti spiego il perché: il City faceva girare la palla, la squadra di Inzaghi ha giocato con calma, li ha aspettati e li ha colpiti».

Una difesa ragionata, diciamo così.
«Sì, è stata la santificazione dell’antimateria contro la materia».

L’Al Hilal ha fatto quattro gol.
«E ne poteva realizzare altri».

I tre giocatori decisivi?
«Marcos Leonardo, poi Koulibaly e Milinkovic-Savic».

Poi nanna?
«Solo quattro ore, ho sognato Springsteen che giocava con la maglia del City e Inzaghi che cantava».

Sveglia, colazione, occhi pesti e via a Siena?
«Certo. La7 ha il grosso merito di trasmettere il Palio che è un grossissimo evento. Dopo il Boss e il 4-3, ora mi dedico ai cavalli».

Dal rock, al calcio, al galoppo.
«Vedi, la bellezza del Palio è quasi inspiegabile a chi non lo ha mai visto dal vivo e non può comprendere cosa significhi per la città».

Anche lì, una diretta di 3 ore.
«Tre ore e mezzo per la precisione. Con la prima parte dedicata alla cultura e alla storia della città e di quello che rappresentano le contrade».

E poi la gara...
«È qualcosa di pazzesco e tutto viene bruciato in 90-100 secondi di passione. Ma è il rito preparatorio e la passione popolare a fare la differenza».

Finita la diretta cosa farai?
«Controllerò il mercato della Virtus Bologna, la mia squadra del cuore nel basket, poi tappi nelle orecchie e via fra le braccia di Morfeo».

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