Gergiev, concerto annullato: così diventa martire

Il russo sconta la vicinanza con Vladimir Putin, un male per la cultura. Follia limitare la musica per motivi politici. Seguiamo l’esempio del passato...
di Marco Patricellimartedì 22 luglio 2025
Gergiev, concerto annullato: così diventa martire
3' di lettura

Bene, bravo, bis. Applausi a scena aperta per la bacchetta posata sul leggio, la partitura chiusa, il silenzio nella sala vuota e il palco deserto. Neanche John Cage con la sua provocatoria composizione per orchestra muta, 4’33”, avrebbe potuto immaginare il non -concerto strappare grida isteriche di approvazione, come quello annullato a Valerij Gergiev alla Reggia di Caserta. Un giorno sarà studiato come esempio di stupidità applicata all’arte, come tante ce ne sono state non solo nella storia della musica, e sarà ricordato al pari della censura a Fëdor Dosto’evskij all’università (ecco, questo sì che meriterebbe uno studio come si deve: non sull’autore russo ma sull’università italiana).

NAZIONALISMO
Gergiev non è Galileo Galilei e non abiurò ai tempi della Scala come gli chiedevano per essere politicamente corretto; non rinnegò gli amorosi sensi con Vladimir Putin; non si piegò alla politica che pretendeva di dettargli quello che doveva dire e fare. E poiché qui, contrariamente che in Russia, siamo in democrazia, per la democrazia vale quello che disse Arthur Miller quando venne mollato da Marilyn Monroe: «Ognuno è libero di compiere i propri errori». Il direttore russo è libero di continuare nazionalisticamente a stare dalla parte di Putin, ma questo non c’entra e non deve entrarci nulla col suo mestiere internazionale. Applaudire perché non può e non deve dirigere, avendo qualcuno deciso che non è dalla parte giusta della storia, è due volte colpevole: perché nega la differenza con un regime autocratico, e perché applica moralmente le stesse regole di un regime. Regole applicate anche al collega Romanovsky che si è visto annullare il concerto, del prossimo 5 agosto, a Bologna.

Fermiamoci al Novecento. Richard Strauss, quello di Così parlò Zarathustra, non solo fu accondiscendente verso il mito del superuomo di Nietzsche, ma soprattutto per come il nazismo intendeva realizzarlo. Thomas Mann lo bollò «compositore di Hitler». Si beccò un processo per denazificazione da cui uscì pulito, ma non per questo è scattato l’ostracismo. Come non è scattato per Carl Orff, quello dei Carmina Burana, che gli americani classificarono “Grigio C”, cioè nazista “accettabile”, e infatti la sua musica ha continuato a essere eseguita. Dall’altro versante politico, l’ucraino Sergej Prokof’ev tornò in Russia dopo la rivoluzione, in servizio come compositore sovietico, ben attento a non urtare Stalin che non trovò di meglio che morire il suo stesso giorno relegandolo in un trafiletto sulla Pravda. Qualcuno si sogna di metterlo al bando?

Il problematico Dmitrij Šostakovic Ogni volta che sgarrava dal realismo socialista veniva sonoramente sprangato dai mediocri mestieranti dell’Unione dei compositori, e per farsi perdonare chiedeva pubblicamente scusa al popolo sovietico sulla Pravda, scriveva cose mediocri come Il canto delle foreste e conservava in bacheca ben quattro Premi Stalin. Forse per questo non merita di essere eseguito? Si dirà che questi erano compositori, mica direttori d’orchestra. Bene, mettiamo in soffitta i dischi di Wilhelm Furtwängler perché deliziava Hitler con la Filarmonica di Berlino anche durante i bombardamenti alleati. Oppure facciamo finta che Herbert von Karajan dalle origini greche non fosse affascinato dal caporale austriaco e non intravedesse le straordinarie possibilità di carriera all’ombra dell’aquila nazista.

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GENI
La storia è piena di geni pieni di difetti, ma ne ricordiamo le virtù e non i vizi. Altrimenti avremmo dovuto bruciare gli spartiti del “principe dei musici” Gesualdo da Venosa perché uccise la moglie e l’amante sorpresi a letto (orrore doppio: un femminicidio passionale), oppure eliminare i quadri di Caravaggio perché omicida. O Edgar Allan Poe perché schiavista, oppure un po’ di “poeti maledetti” perché dediti a vizi, o i futuristi perché propagandavano le bellezze della guerra che quest’epoca purtroppo non ci fa mancare e in cui non rinveniamo né bellezza né umanità. Come non ce n’è nel “pasticciaccio brutto” di Gergiev, al quale hanno imputato sui giornali il peggio del peggio: è persino arricchito con la musica. È un artista ma non vive d’arte. Imperdonabile. 

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