Massimo Giannini, una balla ogni tre righe: l'articolo-record

di Lorenzo Cafarchiodomenica 10 agosto 2025
Massimo Giannini

Massimo Giannini

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«È tutto sbagliato è tutto da rifare». No, non stiamo tornando a Gino Bartali anche se la frase è sua. Ci riferiamo all’editoriale di ieri di Massimo Giannini su Repubblica. Seduto davanti alla tastiera per scrivere Cosa manca all'alternativa a Meloni non sapeva più da che parte prendere per fare lo “spiegone” ai leader della sinistra. Quattro (Schlein, Fratoianni, Conte e Renzi) contro uno. Neanche fosse Jean-Claude Van Damme ai tempi d’oro. Furente ce l’ha con tutti perché non sono in grado di frapporsi tra Giorgia Meloni e il consenso. Però prima di estrarre il manganello d’inchiostro contro l’opposizione poteva mancare l’attacco all’esecutivo? Una serie di bugie. Andiamo a vederle per disinnescarle una a una.

«Verso le regionali d’autunno», dice, lo vedrebbe anche un «cieco che Meloni è in crisi di nervi e che la sua sgangherata maggioranza è impresentabile». Vero, la leader di Fratelli d’Italia nelle Marche ha il proprio candidato nel registro degli indagati, in Toscana è stata appesa al filo della piattaforma di voto on-line degli alleati, mentre in Puglia la situazione è di stallo alla messicana.

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Ah, no scusate quello è il Partito Democratico. Andiamo avanti. «Il Pil scenderà a meno 0,5% nel 2026». Bastava andare sul pericoloso sito dell’Istat per accorgersi che l’attesa riguardante il Pil parla di una crescita dello 0,8% per l’anno venturo. Bankitalia dice +0,9%, mentre le prospettive economiche dell’Ocse, i più pessimisti, raccontano di un +0,7%.

Non possiamo più fidarci delle fonti, sembra questo l’insegnamento dell’articolo di Giannini. «La produzione industriale è negativa da ventisei mesi». Oltre ai dati positivi di giugno registriamo il segno positivo ad aprile (+1%), ma anche a marzo e a gennaio solo per citare il 2025. Questi sarebbero due anni e due mesi di passività? «Ma è del mestiere questo», alla Zelone chiediamo per un amico editorialista.

«L’effetto dazi farà crollare l’export di 10 miliardi l’anno». Nel novero delle colpe anche l’effetto balzelli imposti dalla Casa Bianca. Il governocentrismo dei peccati è presto servito. Mentre ieri, in barba alle imposte a stelle e strisce, un rapporto di Confartigianato ci racconta del +5,3% delle esportazioni dei prodotti italiani. «Giorgia voleva fare “il ponte”, Ursula voleva fare “il partner”, e ora si ritrovano entrambe a fare le damigelle di Trump». Niente il fatto che la nostra Nazione sia tornata interlocutore privilegiato degli Usa a Giannini non va giù. Ci voleva una mossa alla Sigonella maniera sulle borse.

Poteva mancare l’Operazione Albania? «Un buco nero da quasi un miliardo di euro». Neanche il report Ue, dello scorso luglio, che vede l’Italia come modello in tema di immigrati va bene. Il centro per immigrati in Albania - ricordiamo che i Cpr in Italia sono stati voluti dalla legge Turco-Napolitano del 1998- sommando le cifre dei costi quantificati dal 2024 al 2026 e quelli stimati 2027-2028 arrivano a 654 milioni di euro. Avanzano 350 milioni. Buco? Buco dell’informazione, chiaro. 

Poteva mancare il caso Almasri? No, ça va sans dire. «Campana a morto per lo Stato di diritto». Il tutto mentre il presidente del Consiglio si è assunta le incombenze del caso evitando di scaricare i suoi ministri e distinguendosi per assunzione di responsabilità. La stessa che Giannini, a piè sospinto, chiede all’opposizione. Un po’ di «razzismo xenofobo e disumano dei patrioti» e l’articolo diventa piatto stellato.

C’è spazio anche per qualche birra nell’articolo. Non vorremmo ne avesse approfittato pure Giannini perso nelle sue «baruffe chiozzotte». Lo sappiamo al bar parlano d’altro, forse per questo è meglio staccare la spina a Ferragosto così le idee si riordinano. Vero Massimo?