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David Rossi, la mamma: "Basta: mio figlio non si è ucciso"

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Giovanni Terzi
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Riproponiamo "Le interviste con i protagonisti" di Giovanni Terzi. Qui il colloquio con La mamma di David Rossi, la signora Vittoria Ricci Rossi

 

“Tra questa luna e le stelle / i miei pensieri urlano il silenzio / che li circonda come un soffocato frastuono… / Battito d'ali impercettibile / scivola tra un acuto e un lamento sottile / L'eutanasia di un respiro che muore... / sommerso, Diluito sopraffatto / dall'invadenza del niente …”.

Così scriveva in una poesia sopra un acquarello disegnato David Rossi a venticinque anni, nel 1986. Il 6 marzo di quest'anno saranno passati nove anni da quella sera in cui il capo della comunicazione della banca Monte dei Paschi venne trovato e lasciato agonizzante per quaranta minuti per terra, in vicolo Rocca Salimbeni, a Siena. Nove anni dove l'unica parola d'ordine è stata “suicidio”.

Oggi, alla luce delle risultanze della Commissione parlamentare d'inchiesta, molte inesattezze e superficialità di come sono state condotte le indagini stanno, con evidenza, manifestandosi.

Ma in questi nove anni abbiamo affrontato più volte il fatto processuale e gli esami e le contraddizioni che via via andavamo emergendo. In questi nove anni una persona non aveva mai parlato: la mamma di David Rossi, la signora Vittoria Ricci Rossi, che chiusa nei suoi ricordi e nel suo dignitoso silenzio preferiva rimanere riservata e non esprimersi.

Oggi però siamo ad una fase importante della vicenda giudiziaria, in cui serve far capire in modo evidente che David Rossi non si è suicidato. Da questo punto di vista, la poesia ne è una dolce e importante dimostrazione.

«Premetto che mio figlio è sempre stata una persona che amava la vita e che mai avrebbe fatto una cosa simile. Ma ciò che mi fa più effetto è che David scriveva sempre, ed è impensabile che prima di un gesto così non lasciasse qualcosa con il suo stile e la sua prosa».

Così inizia a raccontare Vittoria Ricci Rossi, la mamma di David, nel ricordare la figura del proprio figliolo.

«Da nove anni la nostra unica richiesta è sempre quella della verità e vogliamo essere positivi sperando che, prima o poi, arrivi».

Lei non crede, signora Vittoria, nel suicidio?

«Si è suicidato? Impossibile! Perché non l'avrebbe mai fatto e men che meno sul posto di lavoro. Inoltre avrebbe scritto un romanzo, prima di farlo».

La conoscenza di una mamma nei confronti del proprio figlio è sempre unica e assoluta, ma questa volta combacia con ciò che Giuseppe Mussari, già presidente del Monte dei Paschi, ha dichiarato qualche giorno fa proprio in Commissione: «I biglietti d'addio trovati nel cestino? No, non era il modo di esprimersi del David che conoscevo. E non collimano affatto. Non era il suo stile».

E ancora Giuseppe Mussari, sempre parlando di David Rossi in Commissione, ne ha tracciato un profilo sintetico ma decisivo. «David Rossi era un fratello, un amico. Lo feci assumere perché nel suo lavoro era il più bravo di tutti. Non gli ho mai confidato nulla, ma se c'era bisogno di un amico, lui c'era». Sempre Mussari alla domanda cruciale della Commissione, ovvero se la morte di David Rossi sia da classificare come suicidio, ha risposto: «Io non penso».

Signora Vittoria secondo lei suo figlio si è tolto la vita?

«Lo escludo in modo categorico».

E come sta lei, adesso?

«Se le devo dire la verità, non mi ci sono ancora abituata; non riesco ancora a capire che ciò che è accaduto sia reale».

La signora Vittoria è nella sua casa di Siena, colma di ricordi di un figlio che se ne è andato troppo presto, e mi racconta quale fosse la personalità del giovane David: «Lui è sempre stato un ragazzo allegro e sorridente, con un bellissimo carattere, votato alla pacatezza e alla pace. David sin da piccolo ci dimostrava di essere così sensibile e attaccato alla famiglia, e per questo voleva sempre stare con noi: con gli zii, i nonni, i genitori e i fratelli, e per fare questo da piccolissimo faceva le rimostranze per non andare all'asilo».

Vittoria, la sua casa è ricca di disegni di David. Scrittura e disegno erano la passione di suo figlio?

«Sin da piccolo aveva il suo piccolo banco dove disegnava e scriveva in continuazione: matite, pennarelli e acquarelli erano sempre a portata di mano, pronti per permettergli di inventare qualcosa di bello».

Cosa faceva suo figlio da ragazzo, oltre a scrivere e disegnare ?

«Mi ricordo che da bambino, per carnevale, si vestiva da nordista, a volte da indiano e anche da sudista. Era creativo in tutto ciò che faceva. A Siena a un certo punto prese passione per la contrada della “Lupa”, mentre io e il suo papà eravamo di una contrada contrapposta. David frequentava sempre i luoghi della contrada ed era una parte attiva insieme ai suoi fratelli; tutti lo conoscevano e gli davano retta».

David era un giovane organizzatore di consenso e fondò subito anche un giornale.

«Aveva dodici anni quando fece il giornale di Colleverde, il quartiere dove vivevamo; aveva anche organizzato da ragazzo una sorta di parodia del palio, fatto con i “somarelli”, dove quattro contrade facevano una vera e propria gara e al posto dei cavalli c'erano appunto dei somarelli».

Avete organizzato in memoria di David un premio letterario.

«L'abbiamo fatto per ricordare non solo un figlio, ma per far conoscere chi era davvero David; la sua creatività e la sua generosità, oltre che la voglia di vivere che esprimeva in ogni momento. Lo abbiamo chiamato premio letterario anche se in realtà chiunque, sotto i venticinque anni, può iscriversi con uno scritto letterario, una poesia o anche un disegno. David amava i giovani, e sono certo che sia felice di questa iniziativa»

Lei ha fiducia nella Commissione parlamentare d'inchiesta?

«Sì, molto, e l'ho già detto, anche se in cuor mio ho paura».

Paura di che cosa?

«Ci sono alcune persone che si ostinano a dire che questo è suicidio, e non capisco il perché. Noi siamo una bella famiglia, io conosco bene i miei figli. E poi io l'ho sentito poco prima del fatto…».

E cosa le disse?

«Doveva venire a mangiare da me perché la moglie era malata. Aveva la voce serena e mi aveva dato appuntamento da lì a poco».

Vittoria è una donna forte, coriacea, in un fisico fragile e gracile; aspetta quella verità sulla morte del figlio che da nove anni non arriva, ma a cui ancora strenuamente vuole credere.

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