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Mario Sechi: non una Liberazione ma una prigione

Mario Sechi
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La sinistra ha distrutto il significato del 25 aprile. Il brillante risultato è stato ottenuto con un sistematico lavoro di demolizione del (fu) messaggio comune, con l’espulsione dell’avversario dal momento simbolico. Opera scritta, musicata e accompagnata dalla zelante propaganda dei gazzettieri e dei salonisti del libro. Gli intellettuali, sono loro i responsabili del delitto, l’uccisione della Giornata della Liberazione, hanno lasciato impronte digitali dappertutto.

L’ignorante colto, ossessionato dal nemico, in cerca di cinque minuti di notorietà e se va bene di una svolta con diritti d’autore, prima ha trasformato l’appuntamento in un rito tribale contro Silvio Berlusconi, poi è arrivata la metamorfosi in creatura mostruosa con la caccia all’ebreo in piazza, anno 2024, Italia.

Trent’anni di guerra civile, con la rotativa caricata a pallettoni, la storia è maestra di vita: quando il 25 aprile 2009 il Cavaliere si presentò a Onna con il fazzoletto tricolore dei partigiani, scattò l’ordine di affondare il colpo, un Berlusconi che fa (anche) sua la Resistenza diventa imbattibile. Sappiamo com’è andata a finire. Il governo di Giorgia Meloni, considerata dagli zibaldonisti una nipotina del Duce, ha innescato un Big Bang, un’altra ondata di pulsioni distruttive. In meno di due anni i redattori della Nuova Storia hanno mandato in tipografia un racconto che salda il ritorno del fascismo in Italia con l’odio anti-americano, l’anti-semitismo e il vade retro a Israele con l’appoggio acrobatico ai tagliagole islamisti e alla Russia.

Le farneticazioni delle piazze di Roma, Milano, Torino e altre città, sono il distillato dei social media, ornato con la parrucca e la cipria dei pensosi articoli sui giornali. Il «cane ebreo» che si è sentito ieri nelle piazze italiane è gemello di quello che il 7 ottobre scorso le belve di Hamas urlavano mentre scannavano uomini, donne, bambini. Non è la Liberazione, è la prigione della libertà.

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