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Bechis: per gli stessi fatti e accuseè stato già assolto tre volte

Paradosso giustizia: per gli stessi episodi il Cavaliere aveva avuto sentenze a suo favore "per non aver commesso il fatto"

Lucia Esposito
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Franco Bechis Per gli stessi identici fatti, capi di accusa quasi identici e perfino più vasti, grazie a cui ieri si è preso una condanna di 4 anni, nell'ultimo anno Silvio Berlusconi è stato assolto non una, ma tre volte. Il 18 ottobre 2011 dal gup  del Tribunale di Milano, Maria Vicedomini. Il 18 maggio 2012 davanti alla seconda sezione penale della Corte di Cassazione interessata dalla procura di Milano del ricorso contro la precedente decisione del gup. Il 27 giugno 2012 dal gup di Roma Pierluigi Balestrieri. In tutti e tre i casi è stato assolto per non avere commesso il fatto dall'accusa di frode fiscale e nei tre casi per diversi reati aggiuntivi (appropriazione indebita, violazione di altre norme fiscali). In un caso - quello di Roma - il reato di frode fiscale è stato considerato dal gup prescritto per l'anno 2003. Ieri nella sentenza di Milano la condanna per frode fiscale è stata relativa all'anno 2003. Ed è stata emessa da una corte presieduta dal giudice Edoardo D'Avossa che aveva chiesto fin dall'inizio di potersi astenere dal processo, rischiando di essere considerato prevenuto nei confronti dell'imputato Berlusconi per un precedente contenzioso. Il caso di ieri purtroppo vale per ogni cittadino e dimostra come l'esercizio della giustizia in Italia sia assolutamente soggettivo. Tu puoi essere giudicato in una stanza del tribunale di Milano «delinquente naturale» e ricevere una pensante condanna, ma nella stanza a fianco puoi essere assolto per «non avere commesso il fatto» o addirittura perché il «fatto non sussiste». Ed è quello che è accaduto. In base agli stessi elementi di prova, alle stesse perizie, alle stesse testimonianze. Le tre assoluzioni e la condanna di ieri hanno riguardato infatti gli stessi avvenimenti: la compravendita dei diritti tv per il gruppo Fininvest-Mediaset e controllate. I fatti sono avvenuti a metà degli anni Novanta, e a seconda del processo si sono protratti fino al 1998 o all'inizio degli anni duemila. In tre processi Mediaset, in uno la società Reti Televisive italiane (sede a Roma) avrebbero comprato per le tv del Biscione diritti cinematografici dalle major americane utilizzando come intermediari Frank Agrama, Cuomo e le loro società. Questo avrebbero comprato a un prezzo,  e poi rivenduto a una cifra superiore in media del 49,5% a Mediaset o a Rti. Il guadagno ottenuto è poi stato da Agrama in parte incassato, in parte girato a società offshore nelle British Virgin Islands. La tesi della procura di Milano è che di quelle società fosse socio di fatto Berlusconi, o suoi familiare, o dirigenti del gruppo Fininvest-Mediaset.  Gli anni trascorsi da quei fatti avrebbero reso impossibile un'azione penale. Si è ritenuta possibile perché Mediaset e Rti hanno ammortizzato quegli acquisti in anni successivi: gran parte fra il 2001 e il 2005, ma in qualche caso addirittura fino al 2008. Perché tutti i capi di accusa reggessero, nei processi si è ipotizzato che Berlusconi fosse operativo non formalmente, ma sostanzialmente all'interno di Mediaset. Così sugli stessi fatti i magistrati hanno istruito più procedimenti, ognuno legato a diversi anni di acquisto e di ammortamento. È evidente che la sentenza di ieri ha accolto tutte le tesi della procura: Berlusconi era socio di fatto delle offshore che avrebbero incassato una provvigione su quelle vendite a Mediaset, non pagando su quella somma il dovuto al fisco italiano, e sempre Berlusconi era dominus di fatto di Mediaset, tanto da avere imposto ai dirigenti le scelte fiscali.  Questa è la sostanza del processo, al di là degli anni presi a riferimento. Entrambe le tesi accusatorie ieri accolte sono state letteralmente demolite sia dal gup di Milano, che dalla Cassazione che dal gup di Roma. Perché in queste sentenze è stato stabilito che gli inquirenti non hanno portato alcuna prova sul Berlusconi socio di fatto, e che è esclusa una sua influenza sulle decisioni fiscali del bilancio Mediaset negli anni 2000-2005 («è pacifico che non aveva poteri di fatto», scrive a pag. 12 il gup di Milano). Può avere inciso invece sulla differente valutazione della prescrizione per la frode fiscale 2003 proprio l'ultima legge varata da Berlusconi con Giulio Tremonti nel settembre scorso: ha allungato per la campagna anti-evasione la prescrizione a 8 anni.

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