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Il Nobel per la pacea gente che si odia

francois hollande, mariano rajoy, mario monti e angela merkel

Il premio a politici che spesso affilano i coltelli. I conflitti oggi si giocano sui mercati. E l'Italia deve difendersi dai "fratelli"

Lucia Esposito
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  Oggi a Oslo l'Unione Europea ritira il Nobel della Pace per il ruolo avuto nella trasformazione "di un continente in guerra in un continente di pace". E' vero che da più di sessant'anni il continente conosce un perido lungo di quiete ma la realtà è ben diversa. Innanzitutto nei primi anni novanta i focolai dei Balcani e la guerra nella ex-Jugoslavia hanno mostrato come l'Europa sia ancora legata a vecchie tradizioni belliche. In secondo luogo c'è da sottolineare un fatto più determinante. Le guerre non si combattono solo con le armi. Si fanno pure in giacca e cravatta e sulle pianure dei mercati. Lì i leader europei che stanno forzatamente insieme sotto un'unica bandiera non si tirano certo indietro e l'Ue diventa così un bel palcoscenico di conflitti. Alla cerimonia di Oslo già c'è il primo assente: il prenmier britannico David Cameron, che ha inviato il suo vice più europeista,  Nick Clegg. Poi non ci saranno gli euroscettici Freidrik Reinfeldt e   Vaklav Klaus, rispettivamente premier di Svezia e della Repubblica Ceca. Il teatro della cerimonia è stato allestito come sempre, per tradizione,ad Oslo, capitale di un Paese che per due volte si è espresso contro l'ingresso nella Ue.  Uno contro l'altro  - Il premio verrà consegnato nelle mani di del presidente dell'Ue, Herman Van Rompuy, della Commissione europea, Josè Manuel Barroso e del Parlamento europeo, Martin Schultz. Proprio il tedesco è il più odiato di tutti fra Gibilterra e i monti Urali. A guardarlo male sarà proprio il primo ministro greco Antonis Samaras alle prese con il default del Paese. Shultz è la longa manus della Merkel in Europa e gli stessi Van Rompuy e Barroso più volte hanno espresso il loro disappunto nei confronti della cancelliera. Ci saranno ovviamente Mario Monti e Angela Merkel che, nonostante le dichiarazioni ufficiali, nonostante un'apparente pace, nascondono coltelli perché la Cancelliera avrebbe voluto un Monti ancora più convitamente europeista. Il Prof per Berlino ha avuto forse il torto di difendere gli interessi italiani in sede europea. La battaglia per il bilancio Ue per i prossimi sette anni, in cui Monti ha lamentato condizioni troppo onerose per Roma, non è anadata proprio giù a Frau Merkel.  Ci sarà Francois Hollande che da quando si è insediato all'Eliseo ha rapporti di ghiaccio con la Cancelliera. Il presidente francesee non può più contare sull'asse con Parigi per imporre la sua linea.E anche lì sarebbe da poveri illusi pensare che due paesi che per l'eternità si sono fatti guerra un giorno sì e l'altro pure, (pensare solo alle ripetute crisi per Alsazia e Lorena del secolo scorso) vadano a braccetto per sempre. Sllo Sarkozy se la rideva con il nemico storico tedesco. Ma ovviamente se la rideva per sparae sull'Italia e guadagnare consensi per la sua campagna elettorale. Giochini di basso livello. Ad Oslo c'è anche Mariano Rajoy che più volte si è messo di traverso con la Merkel, come quando si è rifiutato di adempiere alle richieste di austerità  e h annunciato che non rispetterà gli obiettivi per il deficit dell'Ue fissati per quest'anno a 4,4% del Pil fissando invece il proprio obiettivo a 5,8%. Questi numeri, queste cifre, questi sopread e giudizi sulle democrazie altrui possono essere definiti simboli di pace fra i popoli europei? In tanti non erano d'accordo con questo Nobel all'Ue. La scelta è stata contestata anche da tre Nobel per la pace: in una  lettera aperta, l'arcivescono sudafricano Desmond Tutu, la nordirlandese Mairead Maguire e l'argentino Adolfo Perez Esquivel   hanno scritto che l'Ue "chiaramente non è uno dei campione della pace  che Alfred Nobel aveva in mente" quando creò il premio. Bastava sfogliare un manuale di storia per rendersene conto. "Un grandissimo giorno per l'Ue, per l'Europa, per tutti i cittadini europei ma soprattutto per l'Europa", commenta il ministro degli Esteri Giulio Terzi, ricordando  come il nostro paese "sia stato non solo tra i fondatori convinti del   gruppo dei 6 del Trattato di Roma, ma è stato anche la patria di   pensatori e grandi statisti, che hanno dato un impulso fondamentale ai  valori ed al processo di integrazione". Beh se il prezzo per l'integrazione da pagare è nemmeno poter decidere chi deve governarci ascoltando le sirene e i giudizi dei kapò d'oltre confine allora forse è meglio capire cosa si intenda pee pace in Europa.  

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