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Monti in campo, fuga dal Pd: in 33 mollano Bersani

Giulio Bucchi
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  di Elisa Calessi Stanno aspettando che Mario Monti sciolga la riserva. Poi, un minuto dopo, diranno addio. Al Partito democratico e alla gioiosa macchina a guida Bersani-Vendola che, per dirla con uno di loro, «ancora non ha capito la novità epocale di questi mesi». Cioè la presenza di una personalità, Monti, pronta a riunificare gli orfani di Silvio Berlusconi, i cespugli centristi e i moderati in cerca di una casa. Per assolvere il ruolo che, nella Prima Repubblica, fu della Dc. Loro, gli ex popolari, le truppe di Beppe Fioroni, invece, l'hanno capito eccome. E non intendono lasciarsi sfuggire quest'occasione che considerano storica. E che lo stesso Vaticano sponsorizza. L'ex ministro della Pubblica istruzione nei giorni scorsi ha incontrato il premier. Per ora non c'è nulla di ufficiale, solo contatti riservatissimi. Quello che Fioroni continua a ripetere pubblicamente è che, di fronte a un impegno politico di Monti, «Bersani dovrebbe fare un'alleanza con lui». Ma se il leader del Pd non dovesse seguire questo consiglio (e non sembra averne intenzione) è chiaro che i moderati del Pd potrebbero prendere altre strade.  Le truppe ci sono: 33 parlamentari, tra deputati e senatori, più una rete di consiglieri comunali, regionali, sindaci di tutto rispetto. Perché anche Monti, se o meglio quando scioglierà la riserva, avrà bisogno di una struttura. C'è la Cisl, ci sono le Acli, c'è un pezzo di Cl, ci sono i montiani del Pdl, ma serve anche una classe politica già radicata nel Paese e presente nelle istituzioni. Fioroni potrebbe portargliela.    L'ex ministro, in ogni caso, non ha dubbi sulle intenzione del premier. Del resto, dicono i suoi, «Monti sta già lavorando alla lista». Piuttosto, il problema sono i tempi.. A un amico Fioroni avrebbe confessato: «Speriamo che si decida prima delle primarie...». Perché se lo facesse dopo, lui e i suoi si troverebbero di fronte a un bel dilemma: candidarsi comunque alle primarie per scegliere i parlamentari e poi, nel caso, rinunciare o non candidarsi proprio? Ma l'ipotesi più accreditata è che Monti faccia l'annuncio non appena Giorgio Napolitano scioglierà le Camere, cioè il 21 o il 22 dicembre. Come segno di rispetto istituzionale. Se fosse così, chi del Pd volesse seguirlo avrebbe tempo una settimana (le primarie per il Parlamento ci saranno il 29 e il 30) per spiegare le ragioni dell'addio. E non sarà complicato. Diranno che l'impegno di Monti è una novità che costringe tutti a riflettere. Il premier, spiegheranno, può riaggregare riformisti e moderati e portare avanti quell'agenda che il mondo chiede all'Italia di continuare. E che il principale alleato del Pd, Sel, intende, invece, demolire. A chi li dovesse tacciare di incoerenza, risponderanno che «con la chiusura di un ciclo di legislatura, è naturale sentirsi liberi di pensare a cosa sia più giusto per il Paese».  Il gruppo di Fioroni potrebbe non essere l'unico, nel Pd, a seguire il Professore. Cosa faranno, per esempio, i veltroniani super-montiani, tanto più sapendo che Walter Veltroni non ci sarà nella prossima legislatura? O gli ex popolari che ha seguito Dario Franceschini, molti dei quali, tra limite dei mandati e primarie, rischiano di non essere ricandidati. Più difficile che lasci il Pd, invece, Enrico Letta, nonostante sia per un'alleanza Pd-centro. Mentre ancora ieri Pier Luigi Bersani ha spiegato che l'alleanza con il centro, se si farà, sarà dopo il voto.  Il segretario dei Democratici, nonostante lui stesso e i suoi lo neghino, è preoccupato. Vedere Monti partecipare a un vertice politico internazionale l'ha colpito. Cerca di accreditarsi con gli ambienti internazionali, nel tentativo di convincerli che è affidabile quanto Monti. Va in questa direzione l'incontro che ieri ha avuto a Roma con la stampa estera. Due ore in cui ha ribadito di voler coinvolgere il premier anche in futuro. «Ho detto a Monti che ritengo debba continuare ad avere un ruolo per il nostro Paese. Il giorno dopo le elezioni, se toccasse a me, il primo colloquio vorrei farlo con lui». Ha garantito che «l'articolo 18 lo lasceremo così» e che Vendola è un alleato «prezioso», ma il Pd «è sopra il 30%». Avrà la golden share. Basterà a convincere il mondo che è meglio lui dell'attuale premier? «Monti deve stare fuori dai giochi», avrebbe detto il segretario ai suoi. «Vederlo raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni non è una cosa di cui l'Italia senta il bisogno». Ma le firme potrebbero raccoglierle altri per lui.  

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