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D'Alema: "Ho sbagliato tutto, non dovevo fare il premier dopo Prodi"

"Baffino" vive di rimpianti e rinnega la sua scelta di sostituire il Professore a Palazzo Chigi. "Lì ho creato la mia fama di manovriero dedito all'inciucio"

Ignazio Stagno
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Massimo D'Alema ha un grande rimpianto: "Ho sbagliato, dice D'Alema, a prendere, nel 1998, la guida del governo, dopo la caduta di Romano Prodi avrei dovuto resistere a tante pressioni, battermi fino in fondo perché a Palazzo Chigi, nonostante la fiera opposizione di Francesco Cossiga, andasse Carlo Azeglio Ciampi, e restare segretario dell'allora Pds". Insomma "baffino" non perdona a se stesso la caduta di Prodi e la sua corsa al timone di palazzo Chigi per non far cadere il governo. D'Alema non rinenga i suoi risultati da premier, anzi li rivendica senza autocritiche nel libro "Controcorrente, Intervista sulla sinistra al tempo dell'antipolitica", di Peppino Caldarola. Il pentimento di D'Alema riguarda la natura della sua esperienza di governo. Lui capo del governo dopo il tonfo di Prodi ha costruito quell'immagine di ombra grigia che non si è più tolta di dosso. "Da allora - assicura -  mi è rimasto incollato il cliché del politico intrigante e manovriero, complottatore e dedito all' inciucio". "Baffino" diciamo che non ha mai fatto nulla per togliere questa etichetta dal suo nome. Dai tempi della Bicamerale fallista con Berlusconi, D'Alema ha dato l'impressione di essere un regista pronto al compromesso e a trattare su tutto con il "nemico". La saggezza ora porta malinconia per una carriera, quella di D'Alema che da segretario del Pds poteva essere diversa e magari ritrovarsi candidato premier nel 2001 contro Berlusconi. Quell'epoca è storia da seconda Repubblica. Al D'Alema di oggi non resta che sfogliare l'album dei ricordi.

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