Il frondista del Pd tuona in Aula contro Renzi. Scatta l'applauso a Cinque Stelle
«In Senato si affermi un reale spirito costituente», dice il senatore del Partito democratico Walter Tocci, concludendo il suo intervento durante la discussione generale del ddl di Riforma nell'Aula di palazzo Madama. Ma quello che colpisce di più è la salva di applausi che si leva dall'emiciclo ad accogliere le parole del 'frondista' Pd, anche da parte dei rappresentanti M5S e Sel. Tocci, appunto tra i 14 senatori Pd che a giugno si erano autosospesi in solidarietà con il collega di partito Mineo, sostituito in commissione in ragione della sua contrarietà al progetto di riforme ora approdato in Aula, auspica che «il testo finale consenta di rivedere il giudizio negativo». «L'elegante lingua italiana dei padri costituenti con le sue parole semplici e profonde, riconoscimento, lavoro, dignità - spiega - è improvvisamente interrotta da un lessico nevrotico e tecnicistico, scandito da rinvii a commi, come un normale regolamento di condominio. È la parte che si sta scrivendo oggi». Dalla parte degli elettori - Con la proposta di revisione costituzionale insieme all'Italicum, ha affermato ancora Tocci, «nessuno dei problemi istituzionali è stato risolto, anzi, molti sono stati aggravati». Con la proposta di riforma della legge elettorale, ha insistito, si decide «di voltare le spalle agli elettori» che da un decennio chiedono di «guardare in faccia gli elettori». «I cittadini - ha spiegato - continueranno a non scegliere i deputati e non eleggeranno neppure i senatori» con il risultato «che il ceto politico eleggerà il ceto politico: è un grande azzardo, a mio avviso, restringere la rappresentanza, proprio mentre viviamo forse la più grave frattura fra società ed istituzioni della storia italiana». L'appello al Pd - Tocci ha poi rivolto un appello alla sua parte politica: «Abbiamo discusso a lungo, nel gruppo del Partito Democratico. Sono chiare le differenze, ma per me sono più importanti le comuni visioni. Tra noi condividiamo anche alcune insoddisfazioni per certi articoli: non lasciamole ai discorsi di corridoio, non abbandoniamole ai rimpianti silenziosi, trasformiamole in proposte da condividere con gli altri Gruppi. La lunga durata costituzionale non consente a nessuno di riconoscere un errore senza impegnarsi a correggerlo». Critiche anche sul metodo adottato: «Sono stati inanellati tanti strappi, mai visti nella storia repubblicana: mai il governo aveva imposto una revisione costituzionale; mai il relatore era stato costretto a presentare un testo che non condivide quasi nessuno, come si è visto poi dalle tante modifiche necessarie. Mai i senatori erano stati destituiti da una Commissione per motivi di opinione. Queste arroganze inutili - ha affermato - hanno solo fatto perdere tempo. Se il Parlamento avesse potuto lavorare serenamente, la riforma del bicameralismo sarebbe già stata approvata da mesi. Con questo provvedimento, ha concluso, «è in pericolo lo stile del dibattito costituzionale. I critici della proposta sono stati definiti 'gufi', 'sabotatori' 'rosiconi', 'ribelli'. Sono parole che non sarebbero mai state pronunciate dai Costituenti. Erano certo divisi dalla guerra fredda, dalle ideologie novecentesche, ma sempre disponibili al colloquio delle idee. Proprio oggi che siamo diventati tutti liberali viene meno il rispetto nel dibattito e nel confronto delle idee. Questo è il paradosso del nostro tempo. Conquistare lo scalpo del Senato elettivo sembra parte di un incantesimo che serve a rassicurare e a consolare i cittadini per la mancanza di vere riforme».