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Camera, assunto a tempo indeterminato lo staff del M5s

Andrea Tempestini
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"Bastava soltanto aspettare", scrissero di Beppe Grillo, dopo che a sorpresa si fermò a pranzo al ristorante del Senato - undici euro tutto compreso -, luogo simbolo della Casta. Stavolta a crollare è stato il delfino dei comico di Genova, cioè il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: quindici mesi in Parlamento e già si adeguato alla ventennale tradizione, iniziata nella Prima Repubblica, di chiedere alla Camera dei deputati di assumere ("stabilizzare", per la precisione) il personale (assistenti e addetti stampa, soprattutto) cooptato dai membri dell'ufficio di presidenza di Montecitorio. Il ramo del Parlamento presieduto da Laura Boldini ha approvato ieri, giovedì 24 luglio, il suo bilancio interno che contiene qualche taglio, qualche nuova regola, piccoli passi avanti. In compenso alcune cose sembrano non cambiare mai. Due ordini del giorno (odg 4/5 e odg 4/70), quasi identici nella forma proponevano una stabilizzazione di fatto del personale che in questo momento lavora o collabora con i gruppi parlamentari, e come se non bastasse si proponeva di allargare la stabilizzazione di fatto anche al personale (ovviamente esterno alla Camera, ma che si trova lì dopo una "chiamata" di qualche politico) che lavora in decreto nelle segreterie dei membri dell'ufficio di presidenza, nelle segreterie dei presidenti di commissione, delle giunte e dei comitati. Il meccanismo suggerito sembra fatto apposta per consentire a quei partiti che hanno tanti dipendenti ma non hanno più soldi per pagarli di trasferirli stabilmente a carico del bilancio della Camera, alla voce gruppi parlamentari. Un po' la stessa operazione che fu realizzata nel lontano 1993 quando Tangentopoli stava facendo sparire tutti i partiti del pentapartito. La stabilizzazione e la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti (quasi) a tempo indeterminato è stato pensato sotto forma di revisione del "famoso" Allegato B, ovvero l'elenco che ha raccolto tutte le persone che hanno lavorato anche solo un giorno presso Montecitorio negli ultimi 15 anni e che, di conseguenza, hanno la priorità sui lavoratori esterni, alla faccia della trasparenza e della democrazia. I due documenti chiedevano uno "sfoltimento" dell'elenco passato a vantaggio - guarda caso - di coloro che attualmente lavorano presso i gruppi parlamentari o ai singoli deputati. E' una specie di sanatoria sul passato che favorisce i "nuovi" portaborse a scapito dei "vecchi". Ma chi ha proposto questo meccanismo diabolico? Gianni Melilla e Annalisa Pannarale di Sinistra e libertà il primo. E il secondo? Porta in calce la firme di Claudia Mannino, Riccardo Fraccaro e soprattutto di Luigi Di Maio, cioè tre deputati del Movimento 5 Stelle. Ma non erano contro la Casta? di Paolo Emilio Russo

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