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Sextoy a spese nostre, parla l'ex collaboratore del Pd: "E' colpa mia. Per uno scherzo ho perso il lavoro"

laura vezzo
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Il caso del sextoy che la consigliera regionale del Pd, Rita Moriconi, si è fatto rimborsare tiene banco ormai da giorni. Adesso, a prendersi le colpe è Rosario Genovese, collaboratore del gruppo Pd in Emilia Romagna, che spiega di essere l'acquirente del "giochetto" sessuale, poi finito - appunto - nelle spese da rimborsare a nome della Moriconi. Ai microfoni di Radio24, Genovese spiega che cosa è accaduto. E si sfoga. "Sono stato io - rivela a La Zanzara - e ho fatto una cazzata, un errore madornale e gravissimo. Con tutti gli scontrini che avevo in tasca mentre preparavo i rimborsi è finito dentro, probabilmente non c'era scritto sexyshop sopra. Poi è stato anche conteggiato due volte. Doppia cazzata. Per di più da oggi sono disoccupato, mi dovrò cercare un nuovo lavoro. Nell'azienda di trasporti dove lavoravo non era possibile andare avanti, troppo imbarazzo per la storia del sex toy", commenta amareggiato l'ex collaboratore Pd. "Non era per me" - "Tutti parlano del vibratore - continua Genovese - ma non era un vibratore. Sono passati quattro anni, non ricordo più. Forse delle palline, un frustino, delle manette. Non una cosa sola, più cose. Sicuramente - ribadisce - non un vibratore". Rosario Genovese rivela poi che l'acquisto era uno scherzo per un amico. Quando gli si fa notare che la ricostruzione potrebbe sembrare poco credibile, lui risponde così: "Io non faccio uso di sex toys, mia moglie ne ha abbastanza di me. Bastiamo noi due. Era un regalo di compleanno per un amico". L'ex collaboratore del Partito Democratico, come ha lasciato intendere, ha perso il suo lavoro in seguito all'ammissione di colpa. Così, oggi, rincara: "Se avessi comprato un mazzo di fiori probabilmente mi avrebbero offerto un posto di lavoro. Invece ora sono disoccupato". La vicenda - Il fatto risale al 2010 quando, il 29 novembre l'oggetto erotico era stato acquistato alla Bis srl di Reggio Emilia. Il sextoy è stato poi rimborsato per due volte, per un totale di 167 euro: una prima volta è stata allegata alla spesa la ricevuta del pagamento bancomat, senza però il documento fiscale; la seconda volta è stato allegato solo il documento fiscale. Il 10 novembre 2014 la procura di Bologna ha notificato 42 avvisi di fine indagine, nell'ambito dell'inchiesta "spese pazze" che riguardava consiglieri regionali di tutto l'arco politico (in carica tra il giugno 2010 e il dicembre 2011). Tra gli indagati anche la consigliera Moriconi, alla quale i magistrati chiedono chiarimenti su 17.521 euro, di cui 6.600 in ristoranti e 4.500 in ricariche telefoniche. La spesa del sex toy fa parte di questa somma contestata al gruppo consiliare del Pd dalla procura di Bologna che ammonta, in totale, a oltre 1,1 milioni di euro.

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