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Silvio Berlusconi e la tentazione di andare al voto

Lucia Esposito
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Da una parte c'è Silvio Berlusconi che, nonostante in pubblico non parli di voto anticipato, in realtà ha interesse a che le urne si aprano nella primavera del 2015. Dall'altra c'è Matteo Renzi che dice di volere un voto che le lo legittimi, ma che invece vorrebbe che si chiudesse la finestra elettorale della prossima primavera. Ma vediamo quali sono le ragioni che dividono i due leader. Cosa spinge Silvio, nonostante il calo di consensi, a volere le elezioni e cosa invece induce Renzi a rinviare il più possibile il giudizio degli italiani.  Il ragionamento di Silvio - Le elezioni con il Consultellum – come fa notare Francesco Verderami sul Corriere – sarebbero "l'unico modo per rompere l'assedio a cui va incontro". Perché per quanto ridimensionata, con questo sistema elettorale Forza Italia sarebbe comunque ancora al fianco di Renzi con l'impegno di procedere alle riforme. Non solo. C'è poi una questione interna, la fronda fittiana, che spinge Berlusconi a guardare alle urne. Se infatti non si andasse al voto in primavera, e con un risultato negativo alle Regionali, molti azzurri finora rimasti prudenti per paura delle elezioni, potrebbero passare con l'ex governatore pugliese e dentro Forza Italia (che deve anche fronteggiare l'Opa di Salvini) si aprirebbe lo scenario delle primarie e quindi di un nuovo futuro. Il ragionamento di Matteo - Renzi dal suo canto ha tutto l'interesse a rinviare le elezioni. Sia perché in questo momento il suo consenso è in picchiata (per gli scontri con i sindacati ma anche perché alle parole non sono ancora seguiti fatti). L'ultimo sondaggio Ixé realizzato per Agorà infatti ha calcolato la perdita di sei punti percentuali in un mese. Renzi ha bisogno di concretizzare il programma di governo per riacquistare consensi e, per farlo, ha bisogno che il Patto del Nazareno regga. E poi se si votasse adesso, si andrebbe alle urne con il Consultellum, cioè con quel proporzionale che invece fa comodo a Berlusconi. A Renzi non conviene diventare premier, ottenere il consenso con il 37% dei voti, e impaludarsi in estenuanti trattative per costituire - come la definisce Salvatore Merlo su Il Foglio – una “maggioranza spuria di governo”.

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