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I protagonisti del 2015: da Renzi a Draghi e Salvini, cosa succede se vincono o perdono

Giulio Bucchi
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Dieci protagonisti per il 2015. Qualcuno di loro ha già lasciato il segno negli ultimi dodici mesi, qualcun'altro è pronto a tornare alla ribalta. E sicuramente, strada facendo, alla lista delle "star" del nuovo anno se ne aggiungeranno altre. Nell'attesa, ci siamo divertiti a stilare l'elenco dei personaggi più attesi del futuro prossimo. E decisivi, perché dalle loro sorti potrebbe dipendere il destino dell'Italia, dell'Europa, e non solo. Vota il sondaggio: chi sarà il protagonista del 2015?   Matteo Renzi - Cominciamo dall'Italia e dall'uomo che nel 2014 ha determinato la politica nazionale. Matteo Renzi inizia da premier (nel 2014 ci ha messo una ventina di giorni per arrivare a Palazzo Chigi) ma le sue prospettive sono paradossalmente più incerte di un anno fa. La sua corsa, dopo la scalata inarrestabile e il boom delle europee di maggio, si è rallentata. Se sia uno stop fisiologico o l'inizio di una crisi strategica si capirà tra qualche settimana, quando tra Italicum ed elezione del nuovo presidente della Repubblica il polso del presidente del Consiglio verrà messo a durissima prova. Se supererà il doppio ostacolo, avrà praticamente campo libero: potrà decidere se, come e quando tornare alle urne, con una legge elettorale che si è disegnato addosso. Soprattutto, avrà una opposizione esterna fiaccata (Lega e M5S in testa) e una interna stroncata forse definitivamente. Non è fanta-politica pensare che con un Renzi dominatore della scena, il 2015 possa addirittura essere l'ultimo anno di vita del Pd, almeno come lo conosciamo oggi. D'altronde, lo stesso Pippo Civati lo ha profetizzato (anche se sottintendendo una crisi, e non un trionfo, di Renzi). Se viceversa Renzi uscirà male da questo inverno in Parlamento, verrà travolto dalla crisi economica e dal malcontento degli italiani. Come dire: ritmo 0, Paese reale 1. E a quel punto chi predice un rapido tramonto dello stellone di Matteo potrebbero non essere solo un "gufo". Matteo Salvini - La partita del segretario della Lega Nord Matteo Salvini è legata a doppio filo alle fortune dell'altro Matteo. Da settembre in poi il segretario del Carroccio ha cavalcato in modo esemplare le difficoltà del premier e si sta accreditando come l'oppositore vero del governo e addirittura il possibile leader della coalizione di centrodestra. Attenzione, però: a Salvini conviene davvero sperare di andare alle urne nei prossimi 12 mesi, con un centrodestra minoritario e diviso? O non sarebbe meglio attendere, farsi i muscoli e puntare forte al 2016, quando si voterà per le Comunali nella sua Milano? Salvini sindaco al posto del disastroso Pisapia è ipotesi assai più concreta di un Salvini premier. Se invece il Matteo-bis decidesse di fare il salto a livello nazionale, sarebbe un o-la-va-o-la-spacca: se vince, si prende Paese e centrodestra, mandando in pensione Berlusconi, se perde rischia di tornare nel mazzo.    Berlusconi e Grillo - Partiti divisi e linee politiche ondivaghe: il 2014 di Silvio Berlusconi e Beppe Grillo per certi versi è stato simile, con la crisi di Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Il Cav, però, di lasciare agli eredi (tentazione più volte sbandierata dal comico) pare non avere proprio voglia e già da qualche settimana conta il tempo che lo separa dalla fine dei servizi sociali a Cesano Boscone e la limitazione dei suoi spostamenti. L'ex premier vuole tornare protagonista della politica e confermarsi leader del centrodestra. Di sicuro, è in affanno: crisi di risultati elettorali e bloccato nella palude dell'appoggio "esterno" a Renzi sulle riforme. In pochi mesi si giocherà tutto, come Grillo: Italicum e Quirinale sono le partite in cui entrambi i capi proveranno a tornare centrali nel dialogo con il premier. Chi ci riesce, torna in pista. Chi non ce la fa, è fuori, per dirla alla Briatore. Prodi e Draghi - Quirinale, si diceva. I candidati si sprecano, "politico" o "esponente della società civile"?. "Autorevole" o "autonomo"? In tutti i casi, dopo la coltellata dem dell'aprile 2013, Romano Prodi spera ancora di salire al Colle dopo Napolitano. Sul suo nome potrebbero convergere grillini e sinistra Pd, e lo stesso Renzi in un'ottica di cambio di maggioranza potrebbe concedere al Professore il risarcimento-danni dei 101 franchi tiratori. Il però è d'obbligo: accetterà Matteo la presenza di un inquilino ingombrante come Romano? L'eventuale nomina di Prodi, molto gradito ai vertici europei, potrebbe comunque essere un sostegno all'italiano più decisivo a Bruxelles e dintorni: Mario Draghi. Il presidente della Bce continuerà per tutto il 2015 nella sua battaglia contro stagnazione, deflazione e falchi rigoristi di Berlino. Le parole d'ordine sono sempre le solite: bazooka e quantitative easing, le "misure straordinarie" per portare fuori l'Europa da questa crisi infinita. Se vincerà, ci sarà la svolta. Se perderà, per l'Ue sarà la fine.  Le Pen e Tsipras - Se lo augurano, in un certo senso, i due campioni dell'euroscetticismo. In Francia Marine Le Pen guida il Front national ma soprattutto è la portabandiera dei nazionalismi e dei localismi contro i burocrati di Bruxelles. La sua testa è alle presidenziali del 2017, ma passerà quest'anno a seminare. Inizierà molto prima Alexis Tsipras: è di sinistra e non di destra, pure lui è candidato alle presidenziali in Grecia con Syriza ma con la Le Pen condivide la critica radicale a questa Ue. Se perderà, tirerà un sospiro di sollievo la Merkel. Se vincerà, ciao ciao all'euro (o almeno così sperano in tanti). Putin e Kim Jong-un - Tutti questi ragionamenti sono appesi però a due personalità indecifrabili. Vladimir Putin, dominatore della scena nel 2014 con la campagna d'Ucraina, è alle prese con la gravissima crisi monetaria della Russia. Finora, la escalation militare gli ha portato fortuna a livello personale, con un prestigio interno e un rispetto misto a terrore all'Estero, dove Ue e Onu gli hanno lasciato le mani libere o quasi. Dal suo braccio di ferro con Obama e la Nato, però, dipenderà molto del futuro economico ed energetico dell'Occidente. Il coreano Kim Jong-un invece si candida a diventare il Saddam Hussein degli anni Dieci. La sua provocazione sul film The interview, "congelato" dagli hacker, ha spaventato Hollywood ma non la Casa Bianca. La Cina sembra proteggerlo sempre meno ma il dittatore cicciottello è tipo imprevedibile e potrebbe regalare qualche altro colpo di testa. Attenzione, però, perché le dita dei suoi potenti nemici sono sempre più vicine al grilletto. di Claudio Brigliadori @piadinamilanese  

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