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Mattarella, il discorso e quei "pizzini" per Renzi su riforme, fiducia e decreti legge

Giulio Bucchi
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Nella "pancia" del discorso di insediamento del neo-presidente Sergio Mattarella a Montecitorio c'è qualche messaggio politico per il governo del premier Matteo Renzi. Tra tanti riferimenti alti alla Costituzione, ai valori della Repubblica e ai diritti da garantire agli italiani, il nuovo Capo dello Stato non ha mancato di fare riferimento anche alla vicende parlamentari. Giampaolo Pansa, su Libero di domenica 1 febbraio, metteva in guardia chi pensava che il mite Mattarella avrebbe fatto sconti al giovane e arrembante Matteo. E forse qualche segnale di questa "resistenza soft" lo si può rintracciare nelle parole del presidente. Sì alle riforme, ma... - Al di là del richiamo alla politica da intendere non come espressione "di un segmento della società o di interessi particolari" ("Si è rappresentanti dell'intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità", ha sottolineato il presidente lodando l'alto numero di giovani tra i parlamentari), c'è infatti il "pizzino" sulle riforme: "E' significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un'ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l'auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l'obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico". Il sì alla riforma del Senato e alla legge elettorale ("Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano") è dunque concesso, ma non scontato, perché se è vero che "si è soliti tradurre il compito del Capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione", è altrettanto vero che "all'arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L'arbitro deve essere - e sarà - imparziale. I giocatori lo aiutino con la loro correttezza". Una immagine calcistica che piacerà a Renzi, ma che lascia intravedere un atteggiamento inflessibile: niente scorciatoie, niente pressioni, niente tirate per la giacca.  Stop a fiducia e decreti legge - Quindi il cartellino giallo alle cattive abitudini dell'esecutivo: "Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo - ha ammonito Mattarella -, bilanciando l'esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare". Traduzione facile facile: stop alla fiducia posta su ogni provvedimento, in cui Renzi è maestro avendo stabilito il record del 52% secondo le ultime stime di dicembre 2014. Vale a dire, più di una legge su due è stata approvata dal Parlamento sotto lo schiaffo di una possibile crisi di governo (e conseguente minaccia di scioglimento delle camere). E stop anche all'abuso della decretazione d'urgenza, con i decreti legge approvati dal CdM e consegnati al Parlamento semplicemente per una ratifica coatta, a tempi limitati e senza possibilità concreta di discutere dei provvedimenti nel merito. Senza dimenticare, poi. che Mattarella è fine giurista e fresco ex membro della Corte costituzionale: i prossimi dossier che si troverà ad affrontare, dall'Italicum al decreto fiscale, saranno pane per i suoi denti. E forse un boccone amaro per il premier. di Claudio Brigliadori @piadinamilanese

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