Matteo Renzi rischia grosso: la sua maggioranza appesa a 7 senatori
Può mostrarsi spavaldo quanto vuole Matteo Renzi, può zittire i partitini della maggioranza sostenendo che non ha bisogno di loro, la realtà e che la fiducia a Palazzo Madama è appesa a soli sette senatori. I conti sono presto fatti. Il premier deve arrivare a minimo 161 voti sul totale del 315 eletti più i 6 senatori a vita. Considerando che il presidente Piero Grasso per prassi non si esprime, Renzi sta nelle mani dei 107 dem e di 60 senatori che sulla carta sono con lui. Tutti insieme arrivano a 167. Ma c'è poco da stare tranquilli perché tra questi, oltre ai 7 di Scelta Civica, ai 17 del gruppo Per le Autonomie, ci sono i 36 voti del Nuovo Centro Destra e il partito di Angelino Alfano sta subendo una preoccupante emorragia verso altre compagini politiche. Gli attenti osservatori parlamentari stimano in una ventina i senatori che potrebbero lasciare la maggioranza. Centosessantasette meno venti fa 147, un numero ben sotto la quota indispensabile per sopravvivere. A pesca - Ecco allora che Renzi deve trovare un'alternativa. Secondo i boatos del Palazzo, nuovi sostenitori all'esecutivo potrebbero arrivare proprio dalle fila degli ex grillini che attualmente siedono nel Misto (si guarda soprattutto ai sei senatori che hanno votato per Mattarella e a chi vede di buon occhio la rottura del patto del Nazareno) e dal gruppo di area centrodestra Grandi autonomie e libertà. Gal è infatti composto da 15 senatori, ma tra di loro ci sono i tre popolari di Mario Mauro, 5 parlamentari vicini a Forza Italia e Giulio Tremonti che è vicino alla Lega. Dunque tra di essi c'è chi calcola sei voti potenzialmente 'mobili' in favore del governo. Il ruolo di Forza Italia - Quanto alle riforme, se la maggioranza Pd-Ncd tiene, non ha bisogno del sostegno di Silvio Berlusconi. Ma sulla legge elettorale il distacco della minoranza Pd, con i 24 senatori che non hanno partecipato al voto, ha reso i sì di FI quasi determinanti (non lo sono stati per soli tre voti).