Venti deputati azzurri pronti a soccorrere Renzi
Chi vuole andare alle elezioni anticipate? Ecco, questa è la polizza di Matteo Renzi. La scommessa del presidente del Consiglio. Che fa leva sulla fifa generalizzata (destra e sinistra) verso le urne. Alla minoranza del Pd l'Italicum fa schifo. La nuova legge elettorale, unita alla riforma costituzionale, rischia di creare un mostro, dicono. «Andiamo verso un presidenzialismo senza contrappesi», attacca Pierluigi Bersani, «un meccanismo sconosciuto a tutte le democrazie del mondo». Già la minoranza accusava Renzi di essere un segretario di partito antidemocratico. E con qualche ragione, visto che il Pd ha sostituito tutti i componenti della Commissione Affari Costituzionali che avevano dubbi sulla linea dell'ex rottamatore. Adesso che Renzi si prepara a porre la fiducia sull'Italicum dicendo “o questa minestra o giù dalla finestra”, la sinistra Pd si sente messa all'angolo. Che fare? I numeri sono incerti. Sulla carta la maggioranza ha 393 voti , l'opposizione 237. I deputati dem sono 310, i dissidenti una cifra variabile tra i 20 e i 40. Ma potrebbero arrivare a 70 nel caso di votazioni a scrutinio segreto. La procedura potrebbe essere richiesta e accordata in ottanta casi. Ed è per questo che Renzi sta pensando di ricorrere alla questione di fiducia. L'altra valutazione è che, a riparo da occhi indiscreti, ai voti della maggioranza potrebbero unirsi quelli di Forza Italia (tendenza Verdini), stimati tra i 15 e i 20. D'altronde, come ricorda il ministro Maria Elena Boschi, «voteremo lo stesso testo che Forza Italia, tutta, ha votato in Senato due mesi fa». È così: prima che succedesse il patatrac del Quirinale, Silvio Berlusconi diede ordine ai suoi di approvare la riforma elettorale voluta da Renzi, nonostante i continui ritocchi imposti dal premier. Fallito l'accordo sul nuovo inquilino del Colle e mandato a monte il patto del Nazareno, l'Italicum è diventanto «il disegno eversivo» del premier. Però non tutti, in Forza Italia, condividono questa inversione a U del leader. Domani, a Montecitorio, comincia la discussione generale sul provvedimento. Per il voto, probabilmente, ci sarà da aspettare un'altra settimana, visto che l'esecutivo ha intenzione di terminare prima l'iter del ddl sui reati ambientali. Nel frattempo i pontieri avranno tempo per lavorare a un possibile accordo nel Pd. È vero che l'aut aut di Renzi è «una pressione indebita», ma - lascia aperto uno spiraglio Bersani - «io sono affezionato alla mia ditta», cioè al partito. Ettore Rosato e Matteo Orfini proveranno una ricucitura difficile. L'unica cosa su cui Renzi non vuole negoziare è il tempo. Lo ricorda il ministro Boschi respingendo le accuse di Enrico Letta: «Durante il suo governo le riforme costituzionali e la legge elettorale si erano bloccate». Il Pd «sarà unito in Aula come lo è sempre stato», assicura il vice capogruppo Rosato. È da vedere. Per certo, Matteo non potrà far leva sul “soccorso azzurro”, lo stesso che in passato gli aveva permesso di isolare i dissidenti interni. Berlusconi, nonostante le pressioni dei manager delle sue aziende, non vuole sedersi al tavolo con il premier, lo considera una persona «inaffidabile» e «non riconoscente». Inutile dire quanto l'appello di Mattarella alla «convergenza di tutte le forze politiche» sia caduto nel vuoto. di Salvatore Dama